giovedì 5 ottobre 2017

Il lupo alla porta della ferita - Jean Vanier

Il nostro cuore e il nostro spirito fan così presto a credere di avere ragione! 
E’ così difficile accettare di avere torto e non solo, ma che siano anche persone che amiamo e altre che non amiamo. 
Veniamo all’Arca per amare e scopriamo di odiare quella persona; non la vogliamo, non vogliamo vederla, non riusciamo a guardarla negli occhi.
E’ così che nascono dentro di noi e all’interno della nostra comunità ogni sorta di sentimenti che spesso ci si rifiuta di riconoscere: la collera, l’odio, l’angoscia, il rifiuto dell’altro. 
E’ la scoperta del lupo che c’è in ognuno di noi. Nel più intimo di noi stessi abbiamo una parte molto vulnerabile, quella legata all’amore e alla tenerezza, una parte che viene facilmente ferita.
Il grande tesoro del bambino è la fiducia. 
Ma se il bambino viene ferito nella fiducia e nell’amore, è obbligato a proteggersi per non soffrire troppo. 
Per questo, fin dalla nostra prima infanzia, abbiamo creato dei meccanismi di difesa nei confronti della vita relazionale.
La relazione la si desidera e nello stesso tempo la si teme. 
Se ti avvicini troppo a me rischi di violare la mia intimità, diventi un pericolo per me. 
Se ti allontani troppo da me, se non mi saluti più quando mi incontri per la strada, mi fai star male. 
L’amore è nello stesso tempo ciò che più cerco e ciò che più temo. Viviamo tutti questo mistero del cuore umano che ha sete e che ha paura. Così abbiamo costruito ogni sorta di protezione attorno al nostro cuore. 
Abbiamo messo il lupo, la nostra aggressività, alla porta della nostra ferita e della nostra vulnerabilità.
Ma il lupo può rivoltarsi contro di noi e allora cadiamo nella depressione. Ci colpevolizziamo perché ci sentiamo dei buoni a nulla; nessuno può amarci e nello stesso tempo ci sentiamo incapaci di amare. Allora tutte le forze di aggressione si ritorcono contro di noi […]
Siamo stati tutti feriti; ecco perché abbiamo creato questo mondo d’indipendenza, di successo individuale nel quale ci si chiude agli altri. Ma è in questa ferita profonda che Dio si manifesta, perché se la comunità è un luogo di sofferenza è anche un luogo di crescita e di guarigione.
Conoscere se stesso, come dice Socrate, conoscere il modo con il quale si agisce e si reagisce, significa diventare saggi ed avere la possibilità di crescere. 
A scuola e all’Università si imparano molte cose, ma è in famiglia e in comunità che si impara a sconoscersi e ad amare. 
La comunità è il luogo dei passaggi verso l’amore. 
E questi passaggi non sono facili: il passaggio dall’egoismo e dal litigio all’amore e all’unità, il passaggio dalla paura alla fiducia, il passaggio dalla vanagloria alla gloria di Dio.

Jean Vanier -
tratto da: "Lettera della tenerezza di Dio", EDB ; pp. 10-11





Il povero ci disturba perché ci chiede qualcosa che non vorremmo.
Vivere un’alleanza con il povero significa mettersi in comunione con lui e diventare vulnerabili, significa perdere la propria libertà per acquistare una nuova libertà, quella dell’Amore.
Il povero è pericoloso perché chiama al cambiamento, ad una trasformazione, ad una conversione radicale.

(Estratto da “Lettera della tenerezza di Dio - Jean Vanier)




«In passato ho viaggiato moltissimo, ma da quattro anni ho deciso di fermarmi nella mia comunità, anche perché mi accorgo che sto diventando più fragile. 
Ultimamente vivo con un ragazzo psicotico grave: rido molto insieme con lui ed ho scoperto che essere fragili è super! 
Auguro a tutti di invecchiare: ognuno di noi nasce fragile, un piccolo bambino, e anche Gesù lo è stato. 
Siamo nati per vivere e anche per morire: non possiamo avere paura della morte, milioni di persone l’hanno già fatto prima di noi, non è un problema! La mia vocazione è sempre stata quella di essere felice, camminando insieme con i poveri e i deboli di tutto il mondo».

Jean Vanier -
da un'intervista del 31 gennaio 2013    






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