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lunedì 24 luglio 2017

Gesù non è uno dei tanti fondatori di religioni, ma è il Figlio del Dio vivente - papa Benedetto XVI

Ci sono due modi di “vedere” e di “conoscere” Gesù: uno – quello della folla – più superficiale, l’altro – quello dei discepoli – più penetrante e autentico. 
Con la duplice domanda: “Che cosa dice la gente – Che cosa dite voi di me?”, Gesù invita i discepoli a prendere coscienza di questa diversa prospettiva. 
La gente pensa che Gesù sia un profeta. Questo non è falso, ma non basta; è inadeguato. Si tratta, in effetti, di andare in profondità, di riconoscere la singolarità della persona di Gesù di Nazaret, la sua novità. 
Anche oggi è così: molti accostano Gesù, per così dire, dall’esterno. 
Grandi studiosi ne riconoscono la statura spirituale e morale e l’influsso sulla storia dell’umanità, paragonandolo a Buddha, Confucio, Socrate e ad altri sapienti e grandi personaggi della storia. 
Non giungono però a riconoscerlo nella sua unicità. Viene in mente ciò che disse Gesù a Filippo durante l’Ultima Cena: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?” (Gv 14,9). 
Spesso Gesù è considerato anche come uno dei grandi fondatori di religioni, da cui ognuno può prendere qualcosa per formarsi una propria convinzione. Come allora, dunque, anche oggi la “gente” ha opinioni diverse su Gesù. 
E come allora, anche a noi, discepoli di oggi, Gesù ripete la sua domanda: “E voi, chi dite che io sia?”. Vogliamo fare nostra la risposta di Pietro. Secondo il Vangelo di Marco Egli disse: “Tu sei il Cristo” (8,29); in Luca l’affermazione è: “Il Cristo di Dio” (9,20); in Matteo suona: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (16,16); infine in Giovanni: “Tu sei il Santo di Dio” (6,69). Sono tutte risposte giuste, valide anche per noi.


- papa Benedetto XVI -
Omelia, Basilica Vaticana, 29 giugno 2007


Credo in Dio e credo nell'uomo, quale immagine di Dio.
Credo negli uomini, nel loro pensiero, nel valore della loro sterminata fatica.
Credo nella vita come dono e come durata, come possibilità illimitata di elevazione, non prestito effimero dominato dalla morte.
Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora, di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore.
Credo nella famiglia del sangue e nella famiglia prescelta per il mio lavoro.
Credo nel dovere di servire il bene comune perché giustizia, libertà e pace siano a fondamento della vita sociale.
Credo nella possibilità di una grande famiglia umana e nell'unità dei cristiani quale Cristo la volle.
Credo nella gioia dell'amicizia, nella fedeltà e nella parola degli uomini.
Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito, perché possa sperimentare la più grande fra le gioie, che è quella del donare e del donarsi.
In questa fede voglio vivere, per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi in attesa del grande, gioioso risveglio.

(Padre Giulio Bevilacqua)
(1881-1965)



Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 17 marzo 2016

Gesù e l’agnello - Jose' Saramago

Gesù strinse il capo dello spago con cui l’agnello era legato alla corda, la bestia guardò il suo nuovo padrone e belò, fece beeee con quel tono timido e tremulo degli agnelli che moriranno giovani perché tanto amati dagli dei. Questo suono, udito migliaia di volte durante la sua nuova attività di pastore, toccò il cuore di Gesù al punto che sentì le membra dissolversi dalla pena, lui era lì, come non gli era mai accaduto prima in maniera così assoluta, signore della vita e della morte di un altro essere, quest’agnello bianco, immacolato, privo di volontà e di desideri, che protendeva verso di lui un musetto interrogativo e fiducioso, gli si vedeva la lingua rosea mentre belava e, sotto la lanugine, era roseo l’interno delle orecchie, e rosee erano le unghie, che non si sarebbero mai indurite, modificando in zoccoli un termine che aveva per il momento in comune con gli uomini. 
Gesù accarezzò la testa dell’agnello, che gli rispose sollevandola e sfiorandogli la palma della mano con il naso umido, facendolo rabbrividire. [...] Allora Gesù, quasi gli fosse nata dentro una luce, decise, contro il rispetto e l’obbedienza, contro la Legge della sinagoga e la parola di Dio, che questo agnello non sarebbe morto, che quanto gli era stato dato per morire avrebbe continuato a vivere e che lui, venuto a Gerusalemme per sacrificare, dalla città se ne sarebbe andato più peccatore di quanto vi era entrato, non gli bastavano le vecchie mancanze, adesso è caduto anche in questa, e arriverà il giorno, giacchè Dio non dimentica, in cui dovrà pagarle tutte. 
Per un attimo, il timore del castigo lo fece esitare ma, con un’immagine rapidissima, la mente gli presentò la visione terrorizzante di un agnello e di altri animali sacrificati fin dalla creazione dell’uomo, perché l’umanità è stata posta su questo mondo proprio per adorare e sacrificare. A tal punto lo turbarono queste fantasie che gli parve di vedere la scalinata del Tempio allagata di rosso, gocciolante di gradino in gradino, e lui lì in mezzo, con i piedi nel sangue, che sollevava al cielo il suo agnello sgozzato morto.[...] Con l’agnello avvolto nella bisaccia, come per difenderlo da una minaccia ora imminente, Gesù si precipitò fuori della piazza, si perse fra le strade più strette, senza badare alla direzione in cui andava.

- Jose' Saramago -
Da: “Il Vangelo secondo Gesu' Cristo”




Non è un merito, è pura grazia.

“Ci prepara ad essere dei cirenei per aiutarlo a portare la Croce. E la nostra vita cristiana senza questo non è cristiana. E’ una vita spirituale, buona… ‘Gesù è il grande profeta, anche ci ha salvato. Ma Lui e io no…’. Tu con Lui! Facendo la stessa strada. Anche la nostra identità di cristiani deve essere custodita e non credere che essere cristiani è un merito, è un cammino spirituale di perfezione. Non è un merito, è pura grazia.”

Papa Francesco, omelia in S. Marta, 26 settembre 2014





Gesù prega e suda sangue nell'orto del Getsemani. 

<< Cari amici, anche noi nella preghiera dobbiamo essere capaci di portare davanti a Dio le nostre fatiche, la sofferenza di certe situazioni, di certe giornate, l'impegno quotidiano di seguirlo, di essere cristiani, e anche il peso del male che vediamo in noi e attorno a noi, perché Egli ci dia speranza, ci faccia sentire la sua vicinanza, ci doni un pò di luce nel cammino della vita. >>
 
- papa Benedetto XVI  -
Udienza Generale 1° Febbraio 2012


Credo in Dio e credo nell'uomo, quale immagine di Dio.
Credo negli uomini, nel loro pensiero, nel valore della loro sterminata fatica.
Credo nella vita come dono e come durata, come possibilità illimitata di elevazione, non prestito effimero dominato dalla morte.
Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora, di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore.
Credo nella famiglia del sangue e nella famiglia prescelta per il mio lavoro.
Credo nel dovere di servire il bene comune perché giustizia, libertà e pace siano a fondamento della vita sociale.
Credo nella possibilità di una grande famiglia umana e nell'unità dei cristiani quale Cristo la volle.
Credo nella gioia dell'amicizia, nella fedeltà e nella parola degli uomini.
Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito, perché possa sperimentare la più grande fra le gioie, che è quella del donare e del donarsi.
In questa fede voglio vivere, per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi in attesa del grande, gioioso risveglio.

(Padre Giulio Bevilacqua)
(1881-1965)































Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 13 dicembre 2010

Credo in Dio e credo nell'uomo - + Padre Giulio Bevilacqua -

Credo in Dio e credo nell'uomo, quale immagine di Dio.
Credo negli uomini, nel loro pensiero, nel valore della loro sterminata fatica.
Credo nella vita come dono e come durata, come possibilità illimitata di elevazione, non prestito effimero dominato dalla morte.
Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora, di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore.
Credo nella famiglia del sangue e nella famiglia prescelta per il mio lavoro.
Credo nel dovere di servire il bene comune perché giustizia, libertà e pace siano a fondamento della vita sociale.
Credo nella possibilità di una grande famiglia umana e nell'unità dei cristiani quale Cristo la volle.
Credo nella gioia dell'amicizia, nella fedeltà e nella parola degli uomini.
Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito, perché possa sperimentare la più grande fra le gioie, che è quella del donare e del donarsi.
In questa fede voglio vivere, per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi in attesa del grande, gioioso risveglio.

(Padre Giulio Bevilacqua)
(1881-1965)

Cardinale Giulio Bevilacqua
Isola della Scala (Verona) 14 settembre 1881 - 6 maggio 1965


Sacerdote della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri di Brescia;nel concistoro del  22 febbraio 1965, Papa Paolo VI lo elevò al rango di Cardinale, ruolo che accettò chiedendo però di continuare a fare il parroco nonostante i suoi 84 anni.  Il Venerdì santo svenne in chiesa. Il giorno di Pasqua volle celebrare l'ultima Messa davanti ai suoi fedeli. All'abate don Antonio Ceriani disse: si ricordi di baciare per me il fonte di Isola della Scala, dove sono stato battezzato. Morì il 6 maggio 1965, mentre recitava il Salve Regina.

Buona giornata a tutti. :-)