Visualizzazione post con etichetta Papa Benedetto XVI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Papa Benedetto XVI. Mostra tutti i post

sabato 24 marzo 2018

Il vecchio violino - don Bruno Ferrero

Ad una vendita all'asta, il banditore sollevò un violino.
Era impolverato, graffiato e scheggiato.
Le corde pendevano allentate e il banditore pensava non valesse la pena di perdere tanto tempo con il vecchio violino, ma lo sollevò con un sorriso.
"Che offerta mi fate, signori?" gridò.
"Partiamo da...50 euro!".
"Cinquantacinque!" disse una voce.
Poi sessanta.
"Sessantacinque!" disse un altro.
Poi settanta.
"Settanta euro, uno; settanta euro, due; settanta euro...".
Dal fondo della stanza un uomo dai capelli grigi avanzò e prese l'archetto.
Con il fazzoletto spolverò il vecchio violino, tese le corde allentate, lo impugnò con energia e suonò una melodia pura e dolce come il canto degli angeli.
Quando la musica cessò, il banditore, con una voce calma e bassa disse:
"Quanto mi offrite per il vecchio violino?".
E lo sollevò insieme con l'archetto.
"Cinquecento, e chi dice mille euro? Mille!
E chi dice millecinquecento?
" Millecinquecento, uno...millecinquecento, due...millecinquecento e tre... aggiudicato!" Disse il banditore.
La gente applaudì, ma alcuni chiesero:
"Che cosa ha cambiato il valore del violino?".
Pronta giunse la risposta:
"Il tocco del Maestro!".

Se in qualche circostanza della vita ci si ritrova come vecchi violini, inutili, impolverati, graffiati e scheggiati; niente paura.
Abbiamo una certezza: siamo in grado di fare cose meravigliose.
Basta "il tocco del Maestro"....

- don Bruno Ferrero - 




Talvolta si tende a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. 
E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola».

- papa Benedetto XVI - 
Messaggio per la Quaresima 2013


 Cristo salvezza

Le orecchie del mio cuore,
Signore, sono davanti a te.
Aprile e dì all'anima mia:
io sono la tua salvezza.

Rincorrerà questa voce
e così ti raggiungerà;
tu non nascondermi il tuo volto:
che io muoia,
per non morire e contemplarlo.
Dillo, che io lo senta.

Signore, sono io che ti faccio morire,
eppure oso guardarti.

Pietro ti guarda e si salva
il buon ladrone ti guarda e si salva
il centurione ti guarda e si salva.

I farisei non hanno guardato Gesù,
Giuda ha baciato Gesù senza guardarlo

Io ti faccio morire, ma ti guardo.

Voglio che tu mi apra la piaga del tuo cuore,
perché mi ci nasconda dentro,
che i tuoi angeli dischiodano le tue braccia,
perché esse mi sollevino sopra la mia polvere di peccato,
che essi distacchino i tuoi piedi benedetti,
perché mi conducano lontano
(da) in questo mondo che non vuol credere al tuo amore.

- don Primo Mazzolari -


Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 23 marzo 2018

Il combattimento vittorioso contro le tentazioni... e la consapevolezza della nostra fragilità - papa Benedetto XVI

...Per intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua e prepararci a celebrare la Risurrezione del Signore - la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico - che cosa può esserci di più adatto che lasciarci condurre dalla Parola di Dio? 
Per questo la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e decisivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui.
La prima domenica dell’itinerario quaresimale evidenzia la nostra condizione dell’uomo su questa terra. 
Il combattimento vittorioso contro le tentazioni, che dà inizio alla missione di Gesù, è un invito a prendere consapevolezza della propria fragilità per accogliere la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via, verità e vita (cfr Ordo Initiationis Christianae Adultorum, n. 25). 
E’ un deciso richiamo a ricordare come la fede cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta “contro i dominatori di questo mondo tenebroso” (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca, neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso, per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male.
Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, che anticipa la risurrezione e che annuncia la divinizzazione dell’uomo. 
La comunità cristiana prende coscienza di essere condotta, come gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, “in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1), per accogliere nuovamente in Cristo, quali figli nel Figlio, il dono della Grazia di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (v. 5). 
E’ l’invito a prendere le distanze dal rumore del quotidiano per immergersi nella presenza di Dio: Egli vuole trasmetterci, ogni giorno, una Parola che penetra nelle profondità del nostro spirito, dove discerne il bene e il male (cfr Eb 4,12) e rafforza la volontà di seguire il Signore...

- papa Benedetto XVI - 
dal "Messaggio per la Quaresima 2011" -




Come quando si nasconde il sole...

...se ci domandiamo: perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male. Ma questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola 'peccato' da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell'uomo. In effetti è vero: se si elimina Dio dall'orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato.
Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l'ombra appare solo se c'è il sole; così l'eclissi di Dio comporta necessariamente l'eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato, che è cosa diversa dal 'senso di colpa' come lo intende la psicologia, si acquista riscoprendo il senso di Dio...
Di fronte al male morale l'atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore.
Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva...


- papa Benedetto XVI - 
dal "Angelus del 13 marzo 2011" 


Eclissi di Dio --> Eclissi del peccato

Se ci domandiamo: […] perché la Croce? la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male. Ma questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola “peccato” da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo. 
In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal “senso di colpa” come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio. Lo esprime il Salmo Miserere, attribuito al re Davide in occasione del suo duplice peccato di adulterio e di omicidio: “Contro di te – dice Davide rivolgendosi a Dio – contro te solo ho peccato” (Sal 51,6).

- papa Benedetto XVI -
Angelus, Piazza San Pietro, 13 marzo 2011


Buona giornata a tutti. :-)








giovedì 1 marzo 2018

L'entrata Trionfale - Georges Bernanos

E guarda, a proposito, quell'episodio dell'entrata trionfale a Gerusalemme io lo trovo così bello!
Nostro Signore si è degnato assaggiare il trionfo come tutto il resto, come la morte, non ha rifiutato nulla delle nostre gioie, non ha rifiutato che il peccato.
Ma la sua morte, diamine!, l'ha curata, non vi manca nulla.
Invece, il suo trionfo, è un trionfo per bambini, non ti pare? Un'immagine di Épinal, con l'asinello, le fronde verdi, e la gente di campagna che batte le mani. Una parodia gentile, un po' ironica, delle magnificenze imperiali. Nostro Signore sembra sorridere - Nostro Signore sorride spesso -, ci dice: «Non prendete troppo sul serio questo genere di cose; ma infine ci sono dei trionfi legittimi, non è proibito trionfare; quando Giovanna d'Arco rientrerà in Orléans sotto i fiori e le orifiamme, con la sua bella tunica di panno d'oro, non voglio che creda di far del male.
Poiché ci tenete tanto, miei poveri ragazzi, l'ho santificato, il vostro trionfo, l'ho benedetto, come ho benedetto il vino delle vostre vigne».
E, quanto ai miracoli, nota bene, è la stessa cosa. Non ne fa più del necessario. I miracoli sono le immagini del libro, le belle immagini.


- Georges Bernanos -
dal "Diario di un curato di campagna", pp. 173-174



...Nel Vangelo della lavanda dei piedi il colloquio di Gesù con Pietro presenta ancora un altro particolare della prassi di vita cristiana, a cui vogliamo alla fine rivolgere la nostra attenzione. 
In un primo momento, Pietro non aveva voluto lasciarsi lavare i piedi dal Signore: questo capovolgimento dell’ordine, che cioè il maestro – Gesù – lavasse i piedi, che il padrone assumesse il servizio dello schiavo, contrastava totalmente con il suo timor riverenziale verso Gesù, con il suo concetto del rapporto tra maestro e discepolo. “Non mi laverai mai i piedi”, dice a Gesù con la sua consueta passionalità (Gv 13, 8). 
È la stessa mentalità che, dopo la professione di fede in Gesù, Figlio di Dio, a Cesarea di Filippo, lo aveva spinto ad opporsi a Lui, quando aveva predetto la riprovazione e la croce: “Questo non ti accadrà mai!”, aveva dichiarato Pietro categoricamente (Mt 16, 22). 
Il suo concetto di Messia comportava un’immagine di maestà, di grandezza divina. 
Doveva apprendere sempre di nuovo che la grandezza di Dio è diversa dalla nostra idea di grandezza; che essa consiste proprio nel discendere, nell’umiltà del servizio, nella radicalità dell’amore fino alla totale auto-spoliazione. 
E anche noi dobbiamo apprenderlo sempre di nuovo, perché sistematicamente desideriamo un Dio del successo e non della Passione; perché non siamo in grado di accorgerci che il Pastore viene come Agnello che si dona e così ci conduce al pascolo giusto..

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia durante la Santa Messa nella Cena del Signore" 20 marzo 2008

San Giovanni in Laterano 

lunedì 26 febbraio 2018

Dio nella vita pubblica - papa Benedetto XVI

Prima si pensava e si credeva che, accantonando Dio ed essendo noi autonomi, seguendo solo le nostre idee, la nostra volontà, saremmo divenuti realmente liberi, potendo fare quanto volevamo senza che nessun altro potesse darci alcun ordine. 
Ma dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. 
Alla fine risulta solo il prodotto di un’evoluzione cieca e, come tale, può essere usato e abusato. 
E’ proprio quanto l’esperienza di questa nostra epoca ha confermato. 
Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. 
Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. 
Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio; far sì che Egli sia grande nella nostra vita; così anche noi diventiamo divini; tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro. 
Applichiamo questo alla nostra vita. 
È importante che Dio sia grande tra di noi, nella vita pubblica e nella vita privata. 
Nella vita pubblica, è importante che Dio sia presente, ad esempio, mediante la Croce negli edifici pubblici, che Dio sia presente nella nostra vita comune, perché solo se Dio è presente abbiamo un orientamento, una strada comune; altrimenti i contrasti diventano inconciliabili, non essendoci più il riconoscimento della comune dignità. 
Rendiamo Dio grande nella vita pubblica e nella vita privata. 
Ciò vuol dire fare spazio ogni giorno a Dio nella nostra vita, cominciando dal mattino con la preghiera, e poi dando tempo a Dio, dando la domenica a Dio. Non perdiamo il nostro tempo libero se lo offriamo a Dio. 
Se Dio entra nel nostro tempo, tutto il tempo diventa più grande, più ampio, più ricco.
- papa Benedetto XVI - 
Omelia, Castel Gandolfo, 15 agosto 2005


Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.

Salmo 50




Ecco il tempo opportuno

Questo è il tempo del deserto, o Signore.
Anche noi con te, siamo attratti
verso le dune del silenzio,
per riscoprire l'orizzonte
del nostro mondo interiore
e spezzare il pane saporoso della Parola,
che sazia la nostra fame
e dona vigore nei giorni di lotta.
Questo è il tempo del pane spezzato
sulla stessa mensa con altri fratelli,
come viatico che fortifica
la nostra coscienza di figli.
Questo è il tempo del tuo perdono
nella gioia di una libertà ritrovata
sui ruderi delle nostre schiavitù.
Donaci, o Signore, di non sciupare
i giorni di luce che tu dipani per noi:
liberaci dalla febbre dell'evasione
per tuffarci nella limpida corrente
della tua grazia che rigenera
e ci fa essere creature pasquali.

- Enrico Masseroni -
Ti benedico Signore, Edizioni Paoline


Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 17 gennaio 2018

Antonio Socci - da: " In memoria di Andrea Aziani" in "Libero", 18 ottobre 2012

"E’ veramente un’umanità affascinante. Una storia di santità che si porta dietro anche tutti i limiti di noi peccatori, ma la Chiesa stessa è così."
"...Mi accorgo di cosa è CL quando sento la passione dell’altra figlia, per il suo violino e il suo pianoforte. Questo struggimento per la bellezza se l’è trovato dentro il cuore anche lei perché l’abbiamo imparato, assorbito per osmosi da don Giussani che ci ha fatto gustare tutto, dalla Sonata per violino e pianoforte n. 2 di Schubert, al panorama mozzafiato delle Dolomiti, dal mare azzurro e infinito al buon vino del mio amico Michele.
Lo struggimento per la bellezza, il gusto della vita, la fraternità vera (di chi ti accoglie in casa sua anche in piena notte), la fede e la speranza nella sofferenza, la compassione per il mondo intero, l’innamorata passione per Gesù benedetto e l’amore alla sua Chiesa fino al martirio.
Tutto questo miracolo in terra è CL, con tante opere meravigliose che ho scoperto di recente come la splendida Cometa di Como o che conosco da tempo come il Banco alimentare o i nostri medici dell’Avsi che da decenni curano gli ammalati di Aids nell’Africa profonda.
E tanti altri miracoli quotidiani, come la scelta della verginità di giovani di venti anni o l’ “amore vero” fra ragazzi e ragazze di 25 anni che per grazia si amano con eroismo e purezza (un tempo ci prendevano in giro, mentre oggi loro si sentono dire dai coetanei: “vi invidio”).
E’ veramente un’umanità affascinante. Una storia di santità che si porta dietro anche tutti i limiti di noi peccatori, ma la Chiesa stessa è così.
Nel suo cammino attraverso i secoli – scrive Eliot – gli uomini che si lasciano abbracciare da lei – e diventano cristiani – si trovano 

“salvati a dispetto del loro essere negativo; bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima;
Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce.
Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via”.


Questo sono i cristiani. Gente misera, ma in cammino con i santi.

- Antonio Socci -
da: " In memoriam di Andrea Aziani" in "Libero", 18 ottobre 2012




"Ma la storia cristiana è così. Da duemila anni. E’ fatta di uomini che si sentono umiliati per la propria miseria, ma la cui imperfezione è usata dal Signore dell’universo come piedistallo della Sua gloria. "

- Antonio Socci  -
" In memoria di Andrea Aziani" in "Libero", 18 ottobre 2012"


Il 2 febbraio 2016, durante la messa che celebrava il 19° anniversario della diocesi di Carabayllo nella città di Lima, in Perù, il vescovo Lino Panizza ha annunciato l’apertura della causa di beatificazione di Andrea Aziani (16.1.1953-30.7.2008)

In una lettera del 1993 a un amico, Andrea ricordava una frase di santa Caterina e scriveva: “Che qualcuno si innamori di ciò che ha innamorato noi. Ma perché sia così, noi dobbiamo bruciare, letteralmente, ardere di passione perché Cristo lo raggiunga. Perché attraverso questo bruciare sia Cristo a raggiungerlo”. Don Giussani un giorno lesse queste righe davanti a centinaia di persone e, commosso, commentò: “vi sfido a trovare una testimonianza simile. Dovunque!”.

Fonte: Antonio Socci, "Libero" - 7 agosto 2008





mercoledì 27 dicembre 2017

L'angelo del dopo-Natale - don Angelo Saporiti

Ancora un poco e sarà già tempo di disfare il nostro presepe e di buttare via l'albero di Natale che abbiamo messo su all'inizio dell'avvento.
Solo qualche patacca qua le là o qualche luccichio d'argento ci ricorderanno i giorni di festa trascorsi.
Ogni angioletto, ogni luce dorata so che li ritroverò intatti al prossimo Natale.
C'è una cosa che però rimarrà con me e non metterò nello scatolone...
Quando l'anno scorso misi via il presepe e i cinque angioletti, tenni l'ultimo tra le mie mani...
"Tu resti", gli dissi, "ho bisogno di un po' della gioia di Natale per tutto questo nuovo anno".
"Hai avuto fortuna!" mi rispose.
"Come?" gli chiesi.
"Ehm, io sono l'unico angelo che può parlare...".
"È vero! Ma guarda un po'! Un angelo che parla? Non l'ho mai visto. Non può esistere!".
"Certo che può esistere. Succede soltanto quando qualcuno, dopo che il Natale è passato, vuole tenere con sé un angioletto, non per errore, ma perché desidera rivivere un po' della gioia di Natale, come succede adesso con te. Solo in questi casi noi angeli possiamo parlare. Ma capita abbastanza raramente... A proposito, mi chiamo Enrico".
Da allora Enrico è sulla libreria nella mia stanza.
Nelle sue mani regge stranamente un cestino della spazzatura. Abitualmente sta in silenzio, fermo al suo posto. Ma quando mi arrabbio per qualcosa, mi porge il suo cestino e mi dice: "Getta qua!".
Io getto dentro la mia rabbia. E la rabbia non c'è più. Qualche volta è un piccolo nervosismo, o un stress, altre volte è una preoccupazione, a volte un bisogno, altre volte un dolore o una ferita che io da solo non posso chiudere, né riparare...
Un giorno notai con più attenzione, che il cestino di Enrico era sempre vuoto.
Gli chiesi: "Scusa ma dove porti tutto quello che ci getto dentro?".
"Nel presepe", mi risponde.
"E c'è così tanto posto nel piccolo presepe?".
Enrico, sorrise.
"Stai attento: nel presepe c'è un bambino, che è ancora più piccolo dello stesso presepe. E il suo cuore è ancora più piccolo. Le tue difficoltà, non le metto proprio nel presepe, ma nel cuore del bambino. Capisci adesso?".
Stetti un po' a pensare.
"Questo che mi dici è veramente complicato da comprendere. Ma, nonostante ciò, sento che mi fa felice. Strano, vero?".
Enrico, aggrottò la fronte e poi aggiunse: "Non è per niente strano, ma è la gioia del Natale. Capisci?".
Avrei voluto chiedere ad Enrico molte cose. Ma lui mise il suo dito sulla sua bocca: "Pssst", mi fece in tono garbato. "Non parlare. Semplicemente, gioisci!".

- Don Angelo Saporiti - 
da: "Commento sul Natale"



Gregorio Nazianzeno dice che nel momento stesso in cui i Magi si prostrarono davanti a Gesù, sarebbe giunta la fine dell'astrologia, perché da quel momento le stelle avrebbero girato nell'orbita stabilita da Cristo. 
Nel mondo antico, i corpi celesti erano guardati come potenze divine che decidevano del destino degli uomini... 
Per questo, nelle Lettere dalla prigionia agli Efesini e ai Colossesi, Paolo ha fortemente insistito sul fatto che il Cristo risorto ha vinto ogni Principato e Potenza dell'aria e domina tutto l'universo. 
In questa linea sta anche il racconto della stella dei Magi: non è la stella a determinare il destino del Bambino, ma il Bambino guida la stella 

- card. Joseph Ratzinger - 
da: "L’infanzia di Gesù"


Il tempo non ci appartiene, ci è dato. 
Il volgere dell'anno è un'occasione per voltarci indietro e capire che cosa ci è accaduto. 
Compagni di strada da ringraziare, peccati da farci perdonare, fallimenti e successi, smarrimenti e rinascite. 




Buona giornata a tutti. :-)








lunedì 25 dicembre 2017

Natale e disarmo - Gilbert Keith Chesterton

Non riesco mai a capire com’è che quando i giornali nominano il Natale e i suoi insegnamenti cominciano subito a parlare del disarmo internazionale. 
È senz’altro un ideale del Natale che cessino le guerre ingiuste, ma anche e altrettanto che cessino i governi ingiusti, i commerci ingiusti, i processi ingiusti o qualunque altro dei modi innumerevoli con cui gli uomini torturano e tradiscono la loro razza. 
La consueta e popolare traduzione del canto degli angeli è “Pace sulla terra, buona volontà tra gli uomini”. 
A parte l’accuratezza, forse vale la pena sottolineare che le due cose sono molto diverse. 
La pace sulla terra potrebbe anche indicare un panico immoto, il giacere prostrati dinnanzi a un tiranno universale. 
Pace sulla terra potrebbe significare che ogni uomo odia il suo vicino ma lo teme un pelino in più di quanto lo odia. “Fanno una desolazione e la
chiamano pace”. 
Così diceva il vecchio satirista romano; ma il silenzio di cui parlava era perlomeno un silenzio di tomba. 
Ma se noi facessimo un silenzio di vivi, un silenzio di milioni di schiavi muti... e lo chiamassimo pace?... 
Mi sono abituato ai milionari che impongono la guerra. 
Ma se cominciano a imporre la pace mi ribello senz’altro.

- Gilbert Keith Chesterton - 
da: Natale e disarmo, in La Divina poltrona e altre comodità, Leardini


Della nascita in terra del Figlio di Dio, al tempo suo, non si è accorto nessuno. Né Roma con il suo diritto e la sua forza politica né Atene con le disquisizioni dei suoi filosofi né Gerusalemme con tutta la sua schiera di biblisti sono state in grado di percepire e apprezzare l’ingresso nella vicenda umana dell’eterno Creatore dell’universo. 
Come si vede, Dio si diverte a giocare le potenze del mondo, le autorità culturali e le celebrità: vanifica le loro orgogliose competenze, sa eludere la loro attenzione; per rivelarsi ai piccoli e all’umanità intera non si avvale delle loro preziose mediazioni. 

- Card. Giacomo Biffi -
(Natale 1990)


...."Un giorno santo è spuntato per noi". 
Un giorno di grande speranza: oggi è nato il Salvatore dell'Umanità!...
Non fu certo "grande" alla maniera di questo mondo...
Eppure, nel nascondimento e nel silenzio di quella notte santa, si è accesa per ogni uomo una luce splendida e intramontabile; è venuta nel mondo la grande speranza portatrice di felicità: "il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria" (Gv 1,14)...
Questo è il Natale! 

Evento storico e mistero d'amore, che da oltre duemila anni interpella gli uomini e le donne di ogni epoca e di ogni luogo. 
E' il giorno santo in cui rifulge la "grande luce" di Cristo portatrice di pace! Certo, per riconoscerla, per accoglierla ci vuole fede, ci vuole umiltà...
Nel silenzio della notte di Betlemme Gesù nacque e fu accolto da mani premurose. Ed ora, in questo nostro Natale, in cui continua a risuonare il lieto annuncio della sua nascita redentrice, chi è pronto ad aprirgli la porta del cuore? 

Uomini e donne di questa nostra epoca, anche a noi Cristo viene a portare la luce, anche a noi viene a donare la pace! 
Ma chi veglia, nella notte del dubbio e dell'incertezza, con il cuore desto e orante? 
Chi attende l'aurora del giorno nuovo tenendo accesa la fiammella della fede? Chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi avvolgere dal fascino del suo amore? 
Sì! E' per tutti il suo messaggio di pace, è a tutti che viene ad offrire se stesso come certa speranza di salvezza...

- papa Benedetto XVI - 
dal "Messaggio Urbi et Orbi" per il Santo Natale 25 dicembre 2007

"Lasciate che la magia del Natale pervada le vostre anime, accendendo l’amore nei vostri cuori. Buon Natale!"




L'augurio è per un sereno Natale a voi tutti, amici ed amiche,
che da tanti anni seguite le mie.... fantasie, le mie letture, le mie ricerche.

Il Signore che tutto vede e tutto ama ci benedica e ci custodisca.

- Stefania -

martedì 19 dicembre 2017

Neve di Natale - Piero Gribaudi

Dicono che nei presepi la neve è fuori luogo, in quanto in Palestina ai tempi di Gesù non nevicava mai. 
Dicono che nei presepi la neve è un’invenzione tardiva, nata con i presepi edificati nei paesi ai piedi delle Alpi. 
Dicono che nei presepi la neve è inutile folclore senza senso. E invece non è così. Ce lo assicura questa fiaba.
Quella Notte Santa, dopo che la stella, i pastori, l’asino e il bue, Giuseppe e Maria e il Bambino si furono addormentati, una nuvola passò nel cielo di Betlemme, venuta anch’essa ad adorare il Bambino Gesù. Ma, non vedendo alcun segno del Grande Evento, ebbe un brivido e si mise a piangere; ed il suo brivido fu così intenso che, invece che gocce d’acqua, pianse fiocchi di neve. Quasi nessuno li vide, poiché al primo sorger del sole il lieve manto bianco si era già disciolto. Ma nulla accade mai per caso, e quegli occhi cambiarono la vita di un uomo.
Un uomo solo agli occhi del Signore è importante quanto l’umanità intera. Specialmente se quell’uomo è un grande peccatore, di quella specie che Dio predilige in modo specialissimo: senza speranza. 
Il Signore vuole infatti essere Lui l’unica speranza, e niente lo attrae di più che un uomo disperato. 
E quell’uomo aveva mille e una ragione per essere disperato. 
Aveva completamente sciupato la sua vita: invece di edificare aveva distrutto, invece che seminare vita aveva cosparso di morte il suo cammino. Se ne era convinto quella sera, quando, tornando al suo castello sulle colline di Betlemme, aveva incrociato per strada due viandanti, un uomo e una donna incinta, che al suo passaggio si erano fermati sul ciglio della strada guardandolo in viso intensamente, come nessuna persona del luogo avrebbe osato fare. 
Uno sguardo accogliente, buono, innocente, fiducioso; per lui, intollerabile. Lo sguardo della donna, poi, luminoso per l’imminente parto, gli era entrato nell’intimo del cuore ridestandolo da un lungo letargo. 
Per quei due poveracci avrebbe voluto provare disprezzo e scherno, ma non ci riuscì. 
E quando gli augurarono, chinandosi  lievemente, pace e salute, tentò invano di colpirli al volto con la frusta; il suo cavallo ebbe uno scarto e s’inerpicò violento verso i colli. 
Quello sguardo conteneva tutti gli sguardi delle donne violentate, degli uomini rapiti, dei bimbi sgozzati nella sua vita; non poteva essere diversamente, dato che continuava a rimestargli l’anima e, più passavano le ore, più gli pesava sul cuore come un macigno. 
La notte, poi, quegli occhi che recavano in sé cento altri occhi, lo scrutavano con tale intensità da ogni angolo della sua camera, che l’uomo dubitò di perder la ragione. 
Estrasse una fune a cappio e si apprestò al gesto che da tempo meditava. Fu a quel punto che un gran fiocco di neve entrò da una feritoia della torre e andò a posarsi sul lume, spegnendolo. Come risucchiati dall’improvviso buio, centinaia e poi migliaia di occhi lo seguirono. L’uomo sentiva che mille brevi gelide carezze gli si posavano sulle mani e sul volto, ma non riusciva a capire di che si trattasse. 
Di colpo, ebbe una certezza: erano gocce di sangue, spruzzi di tutto quel sangue un tempo così caldo ed ora così freddo sparso ovunque dalla sua crudeltà. 
L’uomo riaccese il lume e rimase folgorato: tutto, intorno a sé, non aveva il colore purpureo del suo peccato ma quello, lontanissimo nel tempo, della sua innocenza, l’immacolato bianco delle lenzuola che sua madre gli rimboccava la sera dandogli il bacio della buona notte. L’uomo si precipitò a cavallo verso la vallata puntando sicuro, nei chiaroscuri della notte, là dove il bianco era più luminoso. E mentre tutti dormivano, nella santa grotta, e la neve lentamente si scioglieva, egli silenziosamente scioglieva il suo pianto verso Colui che lo aveva talmente amato da preparargli in dono la neve.

- Piero Gribaudi -
da: "Fiabe della Notte Santa", Effatà Editrice



“Vi annunzio una grande gioia… oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore: Cristo Signore” (Lc 2,10-11). 

Questa notte abbiamo riascoltato le parole dell’Angelo ai pastori, ed abbiamo rivissuto il clima di quella Notte santa, la Notte di Betlemme, quando il Figlio di Dio si è fatto uomo e, nascendo in una povera grotta, ha posto la sua dimora fra noi. 
In questo giorno solenne risuona l’annuncio dell’Angelo ed è invito anche per noi, uomini e donne del terzo millennio, ad accogliere il Salvatore. 
Non esiti l’odierna umanità a farlo entrare nelle proprie case, nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della terra! 
E’ vero, nel corso del millennio da poco concluso e specialmente negli ultimi secoli, tanti sono stati i progressi compiuti in campo tecnico e scientifico; vaste sono le risorse materiali di cui oggi possiamo disporre. 
L’uomo dell’era tecnologica rischia però di essere vittima degli stessi successi della sua intelligenza e dei risultati delle sue capacità operative, se va incontro ad un’atrofia spirituale, ad un vuoto del cuore. 
Per questo è importante che apra la propria mente e il proprio cuore al Natale di Cristo, evento di salvezza capace di imprimere rinnovata speranza all’esistenza di ogni essere umano. 

Messaggio Urbi et Orbi di sua Santità Benedetto XVI, Natale 2005



“Svegliati, uomo: poiché per te Dio si è fatto uomo” (Sant’Agostino, Discorsi, 185). Svegliati, uomo del terzo millennio! 
A Natale l’Onnipotente si fa bambino e chiede aiuto e protezione. Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla. 
L’età moderna è spesso presentata come risveglio dal sonno della ragione, come il venire alla luce dell’umanità che emergerebbe da un periodo buio. Senza Cristo, però, la luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo. Per questo la parola evangelica del giorno di Natale - “Veniva nel mondo / la luce vera, / quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9) – echeggia più che mai come annuncio di salvezza per tutti. “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Cost. Gaudium et spes, 22).
La Chiesa ripete senza stancarsi questo messaggio di speranza, ribadito dal Concilio Vaticano II che si è concluso proprio quarant’anni or sono. 


Messaggio Urbi et Orbi di sua Santità Benedetto XVI, Natale 2005




Con i pastori entriamo nella capanna di Betlemme sotto lo sguardo amorevole di Maria, silenziosa testimone della nascita prodigiosa. Ci aiuti Lei a vivere un buon Natale; ci insegni a custodire nel cuore il mistero di Dio, che per noi si è fatto uomo; ci guidi a testimoniare nel mondo la sua verità, il suo amore, la sua pace. 
- papa Benedetto XVI - 
Messaggio Urbi et Orbi - Natale 2005


Buona giornata a tutti. :-)