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giovedì 21 aprile 2022

Tornati dall'Aldilà, In bilico tra la vita e la morte: il racconto di chi ha visto - Antonio Socci

La storia da cui prende le mosse questo libro, è una vicenda che comincia a dipanarsi dal 12 di settembre del 2009, quando la mia figlia primogenita, Caterina - che aveva ventiquattro anni, e che era laureanda in Architettura a Firenze, aveva la tesi di laurea dieci giorni dopo, il 24 di settembre, quindi aveva lavorato per tutta l’estate alla tesi - era a Firenze, viveva in un appartamento di studentesse di Comunione e Liberazione. La sera alle otto stavano decidendo se andare in pizzeria o farsi un piatto di spaghetti; e fece appena in tempo a dire “mi sento male” e crollò per terra. Le ragazze che erano lì si resero subito conto che non era uno svenimento, perché non aveva più respiro subito; quindi chiamarono immediatamente il 118, che arrivò anche molto tempestivamente. Però si trattava di un arresto cardiaco, e di un arresto cardiaco del tipo più brutto. E infatti, nonostante le ripetute defibrillazioni, la cosa andò male e lei morì. La dico proprio così perché è accaduto esattamente così. Quando abbiamo ricevuto la telefonata a casa – noi abitiamo a Siena – dall’altro capo del filo c’era il medico del 118 che ha usato un eufemismo, diciamo: cioè ci ha detto: “Guardi, sua figlia ha da più di un’ ora il cuore fermo”. Però era un eufemismo per dire che “sua figlia è morta”. Fra l’altro io, siccome mi era capitato pochi mesi prima, nel febbraio di quell’anno, di interessarmi, per motivi professionali diciamo, della vicenda di Eluana Englaro, mi era capitato, come capita a noi giornalisti per trattare un argomento, di acquisire un po’ le notizie fondamentali. Quindi sapevo benissimo che il cuore fermo da più di un’ora significa morte, proprio morte clinica, morte totale, morte irreversibile. Oltretutto, appunto, dopo ripetute defibrillazioni. Fra l’altro il 118 in toscana - non so se si sono protocolli regionali – però in Toscana il 118 aveva l’obbligo di non proseguire la rianimazione oltre quarantacinque minuti, perché era già un tempo abnorme. Voi potete immaginare la reazione la reazione mia, di mia moglie e degli altri figli a questa telefonata. Ecco, credo che se mi avessero piantato una spada nel petto, credo che avrei sentito meno male; sinceramente l’avrei preferito. Anche perché Caterina fra l’altro è sempre stata una ragazza molto sana, non si ammalava mai nemmeno da bambino; poi nel pieno della giovinezza, bella, florida. L’ultima cosa che mi sarei aspettata al mondo era questa. La prima reazione che io ho avuto - oltre a un urlo immediato - la prima cosa, credo veramente per grazia, che mi è venuta in mente… in una frazione di secondo ho realizzato che non c’era niente da fare; questo era quello che mi stavano comunicando i medici, fra l’altro. In una frazione di secondo a me è venuto in testa: “Dio può tutto”. Quindi è iniziato questo viaggio, questa corsa verso Firenze con mia moglie, fra lacrime e rosari e richieste di aiuto da parte di tutti gli amici che abbiamo in cielo; da don Giussani al mio amico Andrea Siani, a Enzo Piccinini. Tutti gli amici che sono in cielo li abbiamo scomodati urlando. Quando siamo arrivati a Firenze Certosa, alle porte di Firenze, ci è arrivata la telefonata che il cuore di Caterina, incredibilmente, aveva ripreso a battere. Quindi ci siamo dirottati verso Careggi, dove l’abbiamo vista sopra questa barella, bellissima come era, però come la “Bella Addormentata” ovviamente in coma. Fra l’altro quello che ho scoperto poi dopo, parlando con i ragazzi - perché nel frattempo la casa di Caterina si era riempita dei suoi compagni di studi, ragazzi del Movimento che si erano precipitati lì e che pregavano per lei fuori dalla stanza. Quello che ho poi saputo dal medico del 118, che ho rintracciato appunto per scrivere questo libro, la scena che mi ha descritto è un po’ questa: quando loro ormai avevano gettato la spugna, perché l’elettrocardiogramma di Caterina era proprio piatto da più di un’ora – voi sapete che dopo dieci secondi di arresto cardiaco l’elettroencefalogramma diventa piatto, dopo 5-6 minuti i danni cominciano a essere molto pesanti, dopo venti minuti siamo a danni gravissimi e che diventano irreversibili, quindi immaginate un’ora e un quarto, un’ora e venti cosa vuol dire. Dunque, la scena che mi ha descritto il medico del 118 è questa: a un certo punto è arrivato don Andra Bellandi che è il sacerdote che segue gli universitari di Comunione e Liberazione a Firenze, è entrato nella camera dove erano loro con il defibrillatore; lui si è inginocchiato cominciando a dire il rosario; i medici gli hanno detto: “Guardi reverendo che non c'è niente da fare, è inutile”. E don Andrea gli ha detto: “Voi fate il vostro mestiere, io faccio il mio”. E questo medico, che fra l’altro è un agnostico, mi ha descritto la scena così, mi ha detto: “Guardi, la scena è abbastanza impressionante, perché questo prete ha cominciato a recitare il Rosario, e alla terza Ave Maria il cuore di Caterina, che era fermo da un’ora, ha fatto un botto e ha cominciato un battito regolare, pressione sanguigna normale. Noi siamo rimasti tutti basiti, ci siamo guardati. Quello che fin allora era stato impossibile, di colpo è diventato possibile”. Evidentemente per lui era uno spettacolo molto inconsueto, perché non era possibile dopo così tanto tempo che il cuore ricominciasse, e non con battiti flebili, ma di botto, subito così. Quindi l’hanno portata all’ospedale a Careggi, di corsa, in codice rosso, e ovviamente i medici subito ci hanno detto che ci dimenticassimo che si sarebbe mai risvegliata dal coma, perché i danni erano tali che le speranze... Non so come avessero fatto le nostre coronarie a reggere in questi anni, perché i medici ci hanno sempre prospettato il peggio, quindi prima, inizialmente, ci hanno detto che le possibilità di risvegliarsi dal coma erano praticamente nulle. Poi ci sono stati vari problemi, perché lei ha avuto la circolazione extracorporea, che è una cosa estremamente traumatica, a cui pochissimi sopravvivono, perché quando poi è debolissimo il cuore… A Careggi in quell’anno sono state fatte trenta circolazioni extracorporee e ne sono sopravvissuti due, Caterina e un’altra persona. Poi ha avuto una rottura dell’arteria, per cui l’abbiamo ripresa per i capelli… ma insomma, non vi sto a dire tutte queste cose qua. Fatto sta che Caterina dopo quattro mesi invece si è svegliata dal coma. Si è svegliata il giorno dopo che gli era stata portata la sciarpa da Lourdes, bagnata nell’acqua di Lourdes, e lei si è svegliata con una bella risata, mentre sua mamma gli leggeva “Il giovane Holden”. Una risata contagiosa che è durata mezz’ora, che ha contagiato un po’ tutto il reparto dell’ospedale di Bologna dove eravamo. 

dall'incontro di sabato 31 maggio 2014, Sala civica di Merano, Associazione Culturale Giorgio La Pira


«Un caso clamoroso fu quello avvenuto a Montefalco, nell’arcidiocesi di Spoleto. Qui, in un periodo che va dal settembre 1918 al novembre dell’anno successivo, il monastero delle clarisse di San Leonardo fu visitato per ventotto volte da un misterioso straniero.
Successivamente è stato riconosciuto in questo fatto la manifestazione di un’anima purgante.
Costui ogni volta lasciava 10 lire di elemosina, chiedeva preghiere e se ne andava senza farsi vedere e senza rispondere alle domande sulla sua identità rivoltegli dalla badessa suor Maria Teresa di Gesù.
La prima volta l’accaduto parve strano alle suore, ma fu presto dimenticato. Tuttavia, con il passare del tempo e il ripetersi periodico del fatto, le suore cominciarono a interrogarsi con leggera inquietudine, tanto più che spesso la visita si accompagnava ad altre stranezze.
Un giorno, per esempio, la badessa stava riposando quando venne svegliata da una voce fuori dalla sua stanza che l’avvertiva che avevano suonato alle porte del convento, quindi scese e raccolse la solita offerta di 10 lire. Quando poi però chiese alle suore chi di loro l’avesse svegliata, risultò che non era stata nessuna di queste.
Presa da timore crescente, una volta la badessa pensò bene di far ripetere una giaculatoria allo sconosciuto, temendo che si trattasse di una manifestazione diabolica, ma costui la ripeté senza problemi.
Finché, quando il 3 ottobre 1919 lo straniero si presentò nuovamente, la badessa decise di rifiutare recisamente l’ennesima offerta di 10 lire. Fu allora che questo, supplicandola di accettare, rivelò di essere un’anima purgante, che da quarant’anni stava scontando la pena per aver dissipato beni ecclesiastici.
Allora le suore cominciarono a pregare e a dire messe per la sua salvezza, finché nel novembre 1919 avvenne l’ultima manifestazione dell’anima che annunciava loro di essere finalmente in Paradiso e le ringraziava per aver accorciato la sua pena.
La badessa, felice della notizia, gli chiese di pregare per la sua comunità e per i suoi genitori, se erano in Purgatorio.
Al termine di questi fatti l’arcivescovo di Spoleto, monsignor Pacifici, nel luglio 1921 costituì il tribunale per il processo canonico che si tenne dal 27 luglio fino al giorno 8 agosto. Gli atti contenenti la deposizione di dodici testi sono conservati nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Spoleto. L’esito del processo è stato positivo, sebbene per ragioni contingenti non sia stata emanata sentenza.
La sacrestia dove l’anima si era manifestata divenne cappella dedicata al suffragio delle anime purganti, in particolare di quelle dei sacerdoti, ed è tuttora luogo di grande devozione».

Antonio Socci
da: Tornati dall’Aldilà, editore Rizzoli




















Sono io la morte e porto corona,
io Son di tutti voi signora e padrona
e così sono crudele, così forte sono e dura
che non mi fermeranno le tue mura.
Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
e dell 'oscura morte al passo andare.
Sei l'ospite d'onore del ballo che per te suoniamo,
posa la falce e danza tondo a tondo:
il giro di una danza e poi un altro ancora
e tu del tempo non sei più signora.

 - Angelo Branduardi -


Buona giornata a tutti :-)


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Nulla va perduto della nostra vita.
Nessun frammento di bontà e di bellezza.
neppure il più piccolo e insignificante.
Nessuna lacrima e nessun sorriso.
Nessun sacrificio per quanto ignorato...

- Don Michele Dho -


Buona giornata a tutti :-) 

sabato 14 marzo 2020

Il fiume - don Bruno Ferrero

Fulgenzio, era un buon padre e un ottimo marito, ma un triste e desolato giorno la sua giovane moglie morì.

Un dolore immenso e rovente dilaniò la sua esistenza. Niente riusciva ad attenuare la sua sofferenza. Cercava invano  brandelli di consolazione nei suoi bambini che lo fissavano smarriti. Come specchi, gli umili occhioni gli rimandavano l’immagine della loro madre tanto amata. Neanche più ricordava il tempo in cui lavorava cantando. Il lavoro come il pane gli era diventato amaro e pesante.
Una sera rannicchiato nel letto piangeva silenziosamente per non svegliare i bambini, quando gli apparve una figura dolce e rassicurante, che lo prese per mano. 

Era la Vergine Addolorata.
 “Vieni con me, Fulgenzio” gli disse.  “Vieni con me: ti porterò  al Fiume della Pace. Chiunque si bagna nelle sue acque troverà la consolazione che cerca”. 
Camminarono nella notte per molto tempo.

Ad un certo punto, Fulgenzio cominciò a sentire il rumore di acque scroscianti. Un fiume immenso, dalle acque pure e trasparenti, scorreva davanti  a loro.
“Immergiti nel Fiume della Pace, pellegrino del dolore” gli intimò la Vergine “le sue acque scioglieranno la tua pena e la tua angoscia”.
Fulgenzio si immerse. Il suo corpo fu avvolto da un conforto pieno di vigore e serenità,  una pace balsamica che guariva le sue  ferite.
 Dopo quell’immersione salutare, Fulgenzio, chiese alla Madonna: “Da dove viene quest’acqua miracolosa?”
 “Sono le lacrime del mondo” rispose la Vergine. “tutte le lacrime del mondo si raccolgono in questo fiume.
Lacrime amare, di paura, di dolore, di delusione, di sconfitta, di rabbia.
Ma anche le lacrime più dolci, quelle versate per amore, per il ritorno di una persona cara, per uno scampato pericolo”.
Fulgenzio udì i sospiri e i gemiti di tutti coloro che avevano versato quelle lacrime, e comprese che anche le sue lacrime erano ormai un unico pianto, puro e indistinto che scorreva nelle acque di quel fiume. Si sentì in comunione totale con tutto il dolore e la gioia del mondo.
Fu in quel momento che la Madre di Dio gli parlò del dolore di suo Figlio, e Fulgenzio sentì il pianto di Cristo davanti alla tomba di Lazzaro, il pianto nel Getsemani, il suo pianto ai piedi  della Croce.
Fulgenzio si ridestò improvvisamente, il cuscino era ancora bagnato, ma una pace profonda si era impadronita di lui.

Non siamo figli del dolore, ma della compassione.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte: I figli semplicemente fioriscono (pag.76,77) ed. Elledici

La Pietà del Bellini


Sant ' Agostino si rese conto di di un aspetto singolare che riempì di stupore e di gioia il suo cuore: capì che lungo tutto il suo cammino era la Verità che lo stava cercando e che l'aveva trovato. 
Lasciamoci trovare e afferrare da Dio, per aiutare ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla Verità.


- Papa Benedetto XVI -




Struzzi


Ma noi solitamente facciamo spallucce e mettiamo la testa sotto la sabbia. C’è una scambio di battute, nel film “La grande bellezza”, che è un simbolo perfetto del nostro tempo vacuo e superficiale.



“Come stai , caro?”, chiede Jep Gambardella ad Andrea. 
E lui: “Male. Proust scrive che la morte potrebbe coglierci questo pomeriggio. Mette paura Proust. Non domani, non tra un anno, ma questo stesso pomeriggio, scrive”. 
La replica di Jep è questa: “Vabbè, intanto adesso è sera, dunque il pomeriggio sarebbe comunque domani”.



E’ un cinismo compiaciuto che oggi è molto diffuso (ci si sente furbi e spiritosi a buttarla in battuta), ma che nasconde una disperata inermità.
Del resto già Pascal diceva che gli uomini, non sapendo trovar rimedio alla morte, decisero, per rendersi felici, di non pensarci. Ma quale felicità? Quella del ballo sul Titanic? 
Più che una grande bellezza, una grande tristezza.
Dev’esserci anche un qualche meccanismo psicologico che si è interiorizzato per evitare di guardare l’abisso. Freud sosteneva che “in fondo nessuno di noi crede alla propria morte”.
Così quando arriva è troppo tardi per pensarci. Ma la si sconta vivendo, avvertiva il poeta. E specialmente vivendo la morte delle persone che amiamo.
In quel caso – e capita a tutti – per un attimo, un’ora o un giorno il teatro delle chiacchiere e dei burattini che è la quotidianità scompare e ci si trova ammutoliti davanti alla realtà.

- Antonio Socci -

fuga di Renzo da Milano per la peste (Manzoni)

“Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, 
e questo è forma che l’universo 
a Dio fa simigliante”.

Dante Alighieri 
Paradiso canto I




Buona giornata a tutti :-)

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mercoledì 21 agosto 2019

Lacrimazione della Madonnina di Civitavecchia - Antonio Socci

Una notizia decisiva

E’ una mattina di febbraio del 1995. In via Solferino, alla sede del Corriere della sera, è in corso la solita riunione di redazione. Stavolta però sarà una riunione diversa.

Tanto che Michele Brambilla, in seguito, l’ha ricostruita e l’ha raccontata nel libro “Gente che cerca” (da questo libro, uscito dalle edizioni Ancora nel 2002, riprendiamo il racconto di quella riunione).
Quali sono le notizie vagliate quella mattina in redazione? 
Da qualche giorno è scoppiato il caso della statuetta della Madonna, proveniente da Medjugorje (particolare di grande importanza), che a Civitavecchia, in località Pantano, ha cominciato a piangere inspiegabilmente lacrime di sangue.
Quando viene proposta questa notizia un caporedattore interviene spazientito: “Ma basta con questa storia, a chi volete che interessi?”.
“Il direttore, che era Paolo Mieli” racconta Brambilla “lo fulminò con un breve discorso che cito a memoria, e che era più o meno così: ‘Non hai capito niente. Questa storia di Civitavecchia è la notizia più importante di tutte. 
Io sono ateo, vengo da una famiglia ebrea, e quindi non me ne dovrebbe importare nulla di una statuetta della Madonna. Ma se questa notizia è vera, se davvero quella statuetta ha lacrimato, vuol dire che è accaduto un miracolo. 
Vuol dire che Dio esiste. 

E la notizia più importante che ogni uomo vorrebbe sapere, anche quelli che fanno finta di non interessarsi alla religione, è proprio questa: che Dio esiste. Perché se Dio esiste, per noi cambia tutto, cambia tutto il nostro destino.”

In effetti quella notizia proveniente da Civitavecchia fece il giro del mondo e fu per settimane all’attenzione dei media. Ovviamente in quel momento, a ridosso degli eventi così sorprendenti, nelle redazioni non si avevano risposte sicure e definitive, occorrevano analisi e studi approfonditi per accertare la soprannaturalità del fenomeno.
Non si poteva subito giurare sul miracolo. Ma oggi, a distanza di anni, dopo che tutte le analisi e le indagini sono state espletate (comprese quelle della magistratura) è ormai evidente, è stato accertato che, in effetti, quelle 14 lacrimazioni di sangue della statuetta non avevano nessuna spiegazione naturale, terrena o comunque scientificamente reperibile, né alcuna ragione preternaturale: cioè furono miracolose.
Purtroppo il sistema dei media è un’arma di “distrazione” di massa e i primi distratti sono proprio i giornalisti che – seppure sempre pronti a informare sul fatto – macinano ogni giorno migliaia di notizie lasciandosi alle spalle, come un rullo compressore, quelle di ieri.
Così non hanno mai tratto, dalle conclusioni delle indagini su Civitavecchia, le giuste conseguenze che vennero prospettate da Paolo Mieli in quella riunione di redazione del Corriere. 

Alla fine ci sarebbe da chiedersi, con Thomas S. Eliot, “dov’è la sapienza che abbiamo perduto nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perduto nell’informazione?”.

Proviamo a ritrovare la verità ripercorrendo lo svolgimento dei fatti così come poi è stato ricostruito dettagliatamente nei libri pubblicati da monsignor Grillo, “Rapporto su Civitavecchia” (Progetto editoriale mariano 1997), dalla diocesi “Non dimenticare i gemiti di tua madre” (gennaio 2005), nel volume collettivo “Lacrime di sangue”, con la prefazione di Vittorio Messori (Sei 2005) e nel volume di Riccardo Caniato, “La Madonna si fa la strada” (Ares 2005).

I fatti


Tutto comincia il 2 febbraio 1995, nel giardino di casa Gregori, a Pantano, verso le 16,30. 
La statuetta della Madonna, regalata a questa famiglia dal parroco don Pablo Martin, di ritorno da un pellegrinaggio a Medjugorje dove l’aveva acquistata, è collocata in una nicchia: la primogenita dei Gregori, Jessica, passandovi davanti si accorge che la Madonnina ha una piccola goccia rossa all’occhio. 
Dopo pochi secondi si forma una lacrima. La bimba chiama il padre che insieme a lei assiste all’incredibile fenomeno anche all’altro occhio.
Ovviamente lo choc è grande e presto accorrono in tanti. Le lacrimazioni si ripetono, nei giorni successivi, per altre 12 volte, davanti a un totale di 40 persone, diverse in ogni episodio, che “hanno visto le lacrime formarsi e scendere”. 
Le analisi hanno verificato che si tratta di sangue appartenente ad un unico individuo (maschio) e che la statuetta di gesso pieno non ha cavità al suo interno, né marchingegni o trucchi. 
Il vescovo di Civitavecchia, monsignor Grillo, all’inizio si mostra ostile a questo tipo di fenomeni e rilascia dichiarazioni negative. 
Nelle pagine di Diario che ha pubblicato si legge che il giorno 13 marzo ricevette una telefonata dall’esorcista della diocesi di Roma, padre Gabriele Amorth il quale esortò il vescovo ad aver fede, “perché egli era venuto a conoscenza fin dalla scorsa estate, da un’anima da lui diretta spiritualmente (una carismatica con molti doni mistici), che una Madonnina avrebbe pianto a Civitavecchia e che questo segno sarebbe stato di non buon auspicio per l’Italia, ragion per cui sarebbe stato opportuno far penitenza e pregare molto”.
Il vescovo ascolta, ma rimane scettico, ironizzando poi su questa telefonata con la sorella, Grazia. La quale tuttavia restò turbata. Tanto che la mattina dopo, il 15 marzo 1995, alle 8.15 del mattino, chiese al fratello vescovo di pregare davanti alla statuetta. Monsignor Grillo andò allora a prenderla (era custodita nell’armadio di una delle suore sue collaboratrici). 
Il vescovo, la sorella e il marito di lei iniziarono a recitare il “Salve Regina”, ma quando arrivarono a pronunciare le parole “rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi” la statuetta iniziò di nuovo a piangere sangue. 
Era la quattordicesima volta, ma ora il fenomeno si verificava fra le mani del vescovo scettico. Che ne fu traumatizzato e dovette far chiamare urgentemente il cardiologo. L’evidenza dei fatti fu tale, ovviamente, che il prelato si convinse totalmente. 
Il suo radicale ribaltamento di posizioni è stato particolarmente significativo perché le dichiarazioni rilasciate nei primi giorni erano perentoriamente negative e manifestavano non solo la consueta prudenza dell’autorità ecclesiastica, ma anche una personale diffidenza verso questo tipo di fenomeni dovuta alla formazione intellettuale e al curriculum professionale del vescovo. 
La sua testimonianza dunque assume, proprio per questo, un valore doppio implicando una radicale autocritica dei giudizi espressi inizialmente e una dolorosa autosmentita. 
E’ facile arguire che il fatto accaduto davanti ai suoi occhi (che ha un precedente celebre, 400 anni prima, nel caso del vescovo che vide davanti a sé l’immagine della Madonna di Guadalupe) deve essere stato assolutamente clamoroso e indiscutibile.
Le analisi che sono state fatte successivamente infatti hanno confermato il prodigio. 

Le indagini

Dalle radiografie si è constatato che la statuetta è di gesso pieno: “non sono risultate al suo interno strutture o apparecchiature o cavità, pertanto viene escluso ogni trucco interno”. 
E’ stato accertato pure che quel sangue “non poteva essere prodotto dal materiale della statua” e che nessuno può aver artatamente iniettato il liquido perché l’inizio delle diverse lacrimazioni è sempre stato spontaneo ed è stato visto da persone del tutto diverse in luoghi diversi. 
Inoltre non c’è nessuno che ha presenziato a tutte le lacrimazioni e quindi nessuno è per questo sospettabile. Per esempio all’ultima, quella avvenuta nella casa del vescovo, non c’era neanche uno di coloro che erano stati presenti alle precedenti tredici lacrimazioni. 
Nonostante tale diversità di testimoni il sangue delle 14 lacrimazioni, avvenute in luoghi diversi davanti a persone diverse, appartiene tutto a uno stesso, unico individuo. 
Bisogna dunque chiedersi chi possa essere quest’uomo misterioso, stranamente presente a tutte le lacrimazioni sebbene nessuno dei testimoni visibili fosse presente a tutte le lacrimazioni. 
Evidentemente doveva essere lì in una forma non visibile all’occhio umano. E infine bisogna chiedersi come e perché una statua raffigurante la Madonna piange il sangue di quest’uomo.
Interessante è anche il risultato delle indagini della magistratura che erano partite per denunce e accuse molto pesanti. 
Gli inquirenti hanno svolto gli accertamenti del caso sulla statuetta, sul sangue e sui testimoni tra cui “il Comandante della polizia municipale, agenti della polizia penitenziaria e della polizia di Stato”, perché ben sei pubblici ufficiali – che si trovavano sul posto per servizio – sono stati testimoni oculari delle diverse lacrimazioni. 
Le loro deposizioni non lasciano dubbi.
Prendiamo il caso di Giancarlo Mori, comandante dei vigili urbani di Civitavecchia che “assiste alla lacrimazione avvenuta intorno alle 19.30 del giorno 4 febbraio insieme a un collega e a due poliziotti”. 
Ecco come riferisce gli eventi il 23 febbraio a Enzo Biagi, nella trasmissione televisiva Il Fatto: “Stavo conversando con un collaboratore, quando un agente della Questura ha richiamato la mia attenzione: ‘Il fenomeno’ ci disse ‘si sta ripetendo’ ”. 
Subito il comandante dei vigili si avvicina: “Proprio in quel momento” racconta “il viso della Madonna incominciava ad arrossarsi. Nello spazio sotto gli occhi, per una superficie che sarà stata di uno, due millimetri quadrati, si andava manifestando una coloritura rosso vivo. C’era del liquido che, nel giro di quindici minuti, tempo in cui aveva preso consistenza, incominciò a colare” 
(cit. in Riccardo Caniato, La Madonna si fa la strada, Ares 2005, pp. 42-43).

Va detto che questo pubblico ufficiale non fa mistero di essere “un laico convinto”. Dunque non si aspettava certo quello che visto. 
Massimiliano Marasco, giornalista del “Messaggero” che era presente alla stessa lacrimazione, in una intervista, a chi prospetta l’ipotesi di una “manomissione” risponde: “la escludo categoricamente. Chi era lì ha capito subito che quel fatto si stava verificando in modo del tutto naturale” (cit. in Caniato, op cit).
Cioè spontaneo, senza alcun intervento umano. Alla fine, davanti a testimonianze così, tante e concordi, dopo anni, la magistratura ha dichiarato chiusa l’ inchiesta spazzando via tutti i sospetti di imbroglio e le accuse (il 16 ottobre del 2000 la magistratura ha archiviato il procedimento relativo al presunto abuso). 
In sostanza – dopo accurate indagini e dopo aver sentito i testimoni - nella sentenza di archiviazione si legge che le lacrimazioni “debbono ricondursi o ad un fatto di suggestione collettiva o ad un fatto soprannaturale”. 
Sennonché quelle lacrime di sangue non sono una visione, ma un fatto. Essendo state addirittura fotografate e filmate, non possono essere una “suggestione”: sono state perfino analizzate in laboratorio, al microscopio e definite “sangue umano”. Dunque, per esclusione, è la magistratura stessa – caso straordinario – che apre qui di fatto all’evento soprannaturale.
L’evidente inspiegabilità pratica e scientifica di quelle lacrime di sangue umano, piante da una statuetta di gesso pieno, ha lasciato aperta una sola possibilità: il miracolo. 




E le conclusioni?

Ma a questo punto – di fronte cioè ai risultati raggiunti dalla scienza e dalla magistratura – tutti sembrano essersi eclissati: giornalisti, commentatori, accusatori, satirici, intellettuali, chierici.

Si sono sbrigati a voltare la testa altrove e a occuparsi d’altro per evitare di dover fare i conti con i dati di fatto e le conclusioni scientifiche. 
Per evitare di doversi magari rimangiare ciò che avevano incautamente dichiarato prima e soprattutto per evitare di riconoscere l’evidenza del miracolo. 

Quell’evidenza del miracolo – come argomentava Mieli – “vuol dire che Dio esiste. E la notizia più importante che ogni uomo vorrebbe sapere, anche quelli che fanno finta di non interessarsi alla religione, è proprio questa: che Dio esiste. Perché se Dio esiste, per noi cambia tutto, cambia tutto il nostro destino”.


- Antonio Socci -
Fonte: “I segreti di Karol Wojtyla”, Antonio Socci, Rizzoli Editore


Mons. Grillo con il Santo Padre Giovanni Paolo II


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mercoledì 17 gennaio 2018

Antonio Socci - da: " In memoria di Andrea Aziani" in "Libero", 18 ottobre 2012

"E’ veramente un’umanità affascinante. Una storia di santità che si porta dietro anche tutti i limiti di noi peccatori, ma la Chiesa stessa è così."
"...Mi accorgo di cosa è CL quando sento la passione dell’altra figlia, per il suo violino e il suo pianoforte. Questo struggimento per la bellezza se l’è trovato dentro il cuore anche lei perché l’abbiamo imparato, assorbito per osmosi da don Giussani che ci ha fatto gustare tutto, dalla Sonata per violino e pianoforte n. 2 di Schubert, al panorama mozzafiato delle Dolomiti, dal mare azzurro e infinito al buon vino del mio amico Michele.
Lo struggimento per la bellezza, il gusto della vita, la fraternità vera (di chi ti accoglie in casa sua anche in piena notte), la fede e la speranza nella sofferenza, la compassione per il mondo intero, l’innamorata passione per Gesù benedetto e l’amore alla sua Chiesa fino al martirio.
Tutto questo miracolo in terra è CL, con tante opere meravigliose che ho scoperto di recente come la splendida Cometa di Como o che conosco da tempo come il Banco alimentare o i nostri medici dell’Avsi che da decenni curano gli ammalati di Aids nell’Africa profonda.
E tanti altri miracoli quotidiani, come la scelta della verginità di giovani di venti anni o l’ “amore vero” fra ragazzi e ragazze di 25 anni che per grazia si amano con eroismo e purezza (un tempo ci prendevano in giro, mentre oggi loro si sentono dire dai coetanei: “vi invidio”).
E’ veramente un’umanità affascinante. Una storia di santità che si porta dietro anche tutti i limiti di noi peccatori, ma la Chiesa stessa è così.
Nel suo cammino attraverso i secoli – scrive Eliot – gli uomini che si lasciano abbracciare da lei – e diventano cristiani – si trovano 

“salvati a dispetto del loro essere negativo; bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima;
Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce.
Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via”.


Questo sono i cristiani. Gente misera, ma in cammino con i santi.

- Antonio Socci -
da: " In memoriam di Andrea Aziani" in "Libero", 18 ottobre 2012




"Ma la storia cristiana è così. Da duemila anni. E’ fatta di uomini che si sentono umiliati per la propria miseria, ma la cui imperfezione è usata dal Signore dell’universo come piedistallo della Sua gloria. "

- Antonio Socci  -
" In memoria di Andrea Aziani" in "Libero", 18 ottobre 2012"


Il 2 febbraio 2016, durante la messa che celebrava il 19° anniversario della diocesi di Carabayllo nella città di Lima, in Perù, il vescovo Lino Panizza ha annunciato l’apertura della causa di beatificazione di Andrea Aziani (16.1.1953-30.7.2008)

In una lettera del 1993 a un amico, Andrea ricordava una frase di santa Caterina e scriveva: “Che qualcuno si innamori di ciò che ha innamorato noi. Ma perché sia così, noi dobbiamo bruciare, letteralmente, ardere di passione perché Cristo lo raggiunga. Perché attraverso questo bruciare sia Cristo a raggiungerlo”. Don Giussani un giorno lesse queste righe davanti a centinaia di persone e, commosso, commentò: “vi sfido a trovare una testimonianza simile. Dovunque!”.

Fonte: Antonio Socci, "Libero" - 7 agosto 2008





sabato 4 giugno 2016

Da: "Indagine su Gesù" - Antonio Socci

Chi è Gesù diNazareth?
Il più bello fra i figli dell'uomo
Salmo 44,3

Nietzsche, che fu il suo nemico giurato, un giorno confessò: "(Gesù) ha volato più alto di chiunque altro".
Ed Ernest Renan, che pure sferrò un attacco terribile al cristianesimo e alla Chiesa, definì Gesù “una persona eccezionale”.
Scrisse: “Gesù è l’individuo che ha fatto fare alla sua specie il più grande passo verso il divino”, “Gesù è la più eccelsa di quelle colonne che indicano all’uomo donde venga e dove debba andare. In lui si è condensato tutto ciò che vi è di buono e di elevato nella nostra natura… 
Quali che possano essere i fenomeni imprevisti dell’avvenire, Gesù non sarà mai superato. 
Il suo culto ringiovanirà continuamente, la sua leggenda strapperà interminabili lacrime; le sue sofferenze commuoveranno i migliori cuori: tutti i secoli proclameranno che tra i figli dell’uomo non è mai nato uno più grande di Gesù”.
Ma chi è precisamente questo enigmatico Gesù che da duemila anni affascina tutti, perfino i nemici?
Chi è questo giovane rabbì ebreo, che doveva essere cancellato dalla faccia della terra 2000 anni fa con una feroce esecuzione capitale da schiavo, da maledetto, se oggi, dopo 20 secoli, quel suo supplizio è ricordato in ogni angolo del mondo?
Infatti, come scriveva Giovanni Papini, “la sua memoria è dappertutto. Sui muri delle chiese e delle scuole, sulle cime dei campanili, dei tabernacoli e dei monti, a capo dei letti e sopra le tombe… milioni di croci rammentano la morte del Crocifisso”.
Un ateo militante come Paul Louis Couchoud – mentre cercava di sferrare il suo attacco finale al cristianesimo – doveva ammettere: “Nella mente degli uomini, nel mondo ideale che esiste sotto i crani, Gesù è incommensurabile. 
Le sue proporzioni sono fuori di paragone, il suo ordine di grandezza è appena concepibile. La storia di Occidente, dall’impero romano in poi, si ordina intorno a un fatto centrale, a un evento generatore: la rappresentazione collettiva di Gesù e della sua morte. 
Il resto è uscito di là o si è adattato a ciò. Tutto ciò che si è fatto in Occidente durante tanti secoli si è fatto all’ombra gigantesca della croce”.
Interroghiamo Jean Jacques Rousseau, che fu un nemico filosofico della Chiesa ed essendo stato un faro sia dei rivoluzionari francesi che dei romantici è un autore pressoché universale. Ecco quali pensieri e sentimenti rivela, parlando di Gesù, in un libro peraltro condannato sia nella Parigi cattolica che nella Ginevra calvinista:

“Vi confesso che la santità del Vangelo parla al mio cuore. Osservate i libri dei filosofi, con tutta la loro pompa! Come sono piccoli in confronto a quello… Può darsi che Colui di cui fa la storia sia egli stesso un uomo? 
E’ questo il tono di un invasato o di un settario ambizioso? 
Che dolcezza, che purità nei suoi costumi! Quale grazia toccante nei suoi insegnamenti, quale elevatezza nelle sue massime, quale saggezza nei suoi discorsi, quale presenza di spirito, quale finezza, quale esattezza nelle sue risposte! Quale dominio delle passioni! Dove è l’uomo, dove è il saggio che sa agire, soffrire e morire senza debolezza e senza ostentazione? Quando Platone descrive il suo giusto immaginario coperto da tutto l’obbrobrio del delitto e degno di tutti i premi delle virtù, dipinge tratto per tratto Gesù Cristo; la somiglianza è così sorprendente che tutti i Padri l’hanno sentita e che non è possibile ingannarsi (…). Ma dove aveva Gesù preso i suoi precetti, presa questa morale elevata e pura, di cui Egli solo ha dato gli insegnamenti e gli esempi? (…) La morte di Socrate che filosofeggia tranquillamente coi suoi amici, è la più dolce che si possa desiderare; quella di Gesù che spira fra i tormenti, ingiuriato, canzonato, maledetto da tutto un popolo, è la più orribile che si possa temere. Socrate che prende la coppa avvelenata benedice colui che gliela offre e che piange; Gesù, nello spaventoso supplizio, prega per i suoi accaniti carnefici. Sì, se la vita e la morte di Socrate sono quelle di un saggio, la vita e la morte di Gesù sono di un Dio”.

Ed ancora:

“Questo libro divino (il Vangelo, nda), il solo che sia necessario a un cristiano, il più utile di tutti anche a chi non lo sia, non deve che essere meditato per portare nell’anima l’amore del suo autore e la volontà di obbedire ai suoi precetti. La virtù non ha mai parlato un linguaggio così dolce; mai la saggezza più profonda si è espressa con tanta energia e tanta semplicità. Non si abbandona la sua lettura senza sentirsi meglio di prima”..

Stupisce anche lo sguardo su Gesù del giovanissimo Karl Marx (prima di immergersi nell’hegelismo e nell’ideologia dove si sarebbe perduto).
Egli infatti scrisse che “l’unione con Cristo dona un’elevazione interiore, conforto nel dolore, tranquilla certezza e cuore aperto all’amore del prossimo, ad ogni cosa nobile e grande, non già per ambizione né brama di gloria, ma solo per amore di Cristo, dunque l’unione con Cristo dona una letizia che invano l’epicureo nella sua filosofia superficiale, invano il più acuto pensatore nelle più riposte profondità del sapere, tentarono di cogliere; una letizia che solo può conoscere un animo schietto, infantile, unito a Cristo e attraverso di Lui a Dio, una letizia che innalza e più bella rende la vita”.
Indagando, interrogando, Gesù emerge sempre come l’uomo più sconvolgente di tutti i tempi (com’è noto il tempo stesso, in buona parte del mondo, da secoli, si computa a partire dalla sua nascita). Non c’è nessun individuo che gli si possa paragonare per l’importanza, la vastità e la durata della sua influenza.
Nessuno scatena amore e odio come lui. E’ anche il più rappresentato e cantato dall’arte di tutti i tempi. Anche la letteratura moderna ne è testimone.
“Sembra che molti autori” scrive Luigi Pozzoli “pur non riconoscendo il Cristo della fede, siano pronti a condividere le parole e i sentimenti che Dostoevskij ha confidato un giorno a una persona amica”.
Ecco le parole dello scrittore russo: “Non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più ragionevole, di più coraggioso e di più perfetto di Cristo” e “non solo non c’è, ma non può esserci”.
A tal punto che “se mi si dimostrasse che Cristo è fuori della verità ed effettivamente risultasse che la verità è fuori di Cristo, io preferirei restare con Cristo anziché con la verità”. Certo in Dostoevskij l’incontenibile ammirazione per Gesù arriva al paradosso, ma la sua osservazione esprime davvero il sentimento di molti:
“Quest’uomo fu il più eccelso sulla terra, la ragione per cui la terra esiste. Tutto il nostro pianeta, con tutto ciò che contiene, sarebbe una follia senza quest’uomo. Non c’è stato e non ci sarà mai nulla che gli sia paragonabile. E’ qui il grande miracolo”.
In effetti l’attrazione che la personalità di Gesù continua ad esercitare, attraverso i secoli, sorprende anche per come tocca i non credenti.
Dice Alfredo Oriani: “Creduli o increduli, nessuno sa sottrarsi all’incanto di quella figura, nessun dolore ha rinunciato sinceramente al fascino della sua promessa”.
Perfino il simbolo del laicismo italiano, Gaetano Salvemini, rimase folgorato dall’altezza sublime della sua figura e del suo insegnamento.
Raccontò, in “Empirici e Teologi”, di essersi trovato in una stagione della vita come “sperduto nel buio e fu una impressione disperata”. Si sentì illuminato allora da una pagina di Pascal in cui una vecchietta dice: “io non so dimostrare a me stessa che c’è un Dio. Ma mi regolo come se ci fosse”.
Salvemini spiega: “quella vecchierella mi insegnò la via da seguire. Debbo aggiungere che nel seguire quella via, ho trovato un’altra guida e mi sono trovato bene a lasciarmene guidare. E questa guida è stato Gesù Cristo che ha lasciato il più perfetto codice morale che l’umanità abbia mai conosciuto. Io non so se Gesù Cristo sia stato davvero figlio di Dio o no. Su problemi di questo genere sono cieco nato. Ma sulla necessità di seguire la moralità insegnata da Gesù Cristo non ho nessun dubbio”.
Sfogliando il diario del turbolento e inquieto autore di “On the road”, Jack Kerouac, ci si può imbattere in questa annotazione: “so che soltanto Gesù conosce la risposta definitiva”. 
Nell’itinerario tormentato di Giovanni Testori perfino la “bestemmia” è segno dell’impossibilità di dimenticarlo e proprio perché non si può sradicare dal cuore è spada che lacera. 
Nel tempo della sua lontananza dalla Chiesa il poeta lombardo scriveva:

T’ho amato con pietà
Con furia T’ho adorato.
T’ho violato, sconciato,
bestemmiato.
Tutto puoi dire di me
Tranne che T’ho evitato

Sembra che sia rimasta nel mondo – per chi non è cristiano – una nostalgia incolmabile di lui. Con altrettanta drammaticità infatti Pier Paolo Pasolini grida al vuoto divorante della sua assenza:

“Manca sempre qualcosa, c’è un vuoto
in ogni mio intuire. Ed è volgare,
questo non essere completo, è volgare,
mai fui così volgare come in questa ansia,
questo ‘non avere Cristo’ ….”.

Resta diffuso e inestirpabile, a quanto pare, il desiderio di sentirsi guardati dagli occhi di lui, da cui furono guardati i diversi personaggi dei Vangeli.
Il poeta libanese Gibran, in “Gesù Figlio dell’uomo”, mette in scena varie voci che, tutte, parlano di Gesù. 
Le parole della Maddalena: “Amico mio, io ero morta, sappilo (…). Ma quando i suoi occhi d’aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono”.
Jorge L. Borges, da non credente, ritiene che tutti vorrebbero essere come colui che poté vedere quel suo volto:
“Gli uomini hanno perduto un volto, un volto irrecuperabile e tutti vorrebbero essere quel pellegrino (…) che a Roma vede il sudario della Veronica e mormora con fede: Gesù Cristo, Dio mio, Dio vero, così era dunque la tua faccia? (…) Abbiamo perduto quei lineamenti come si può perdere un numero magico, fatto di cifre abituali, come si perde per sempre un’immagine nel caleidoscopio. Possiamo scorgerli e non riconoscerli”.
Lo scrittore argentino confessa di “non vedere” personalmente il volto di Cristo nella sua vita, tuttavia “insisterò a cercarlo fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra”.
Il fascino di Gesù però raggiunge tutti, non solo gli artisti. Pur rifuggendo dalla retorica un famoso giornalista dei nostri anni come Enzo Biagi, solitamente ironico e disincantato, di fronte al gigante che riempie le pagine dei Vangeli non nasconde il suo stupore: “Gesù (…) ha detto cose che a tutt’oggi sono insuperabili. E credo che nessuno abbia conosciuto l’uomo come lui. Gesù è una figura misteriosa, difficile da spiegare solo con l’umano. Regge da 2002 anni. Non vedo paragoni in giro”.
Tutti parlano di lui come di un uomo sublime, di tale statura, bellezza e nobiltà, che neanche la fantasia avrebbe potuto pensarlo.
Secondo un intellettuale laico come Umberto Eco, quand’anche Gesù fosse – per assurdo – un personaggio inventato dagli uomini, il fatto che “abbia potuto essere immaginato” da noi “bipedi implumi”, di per sé, “sarebbe altrettanto miracoloso (miracolosamente misterioso) del fatto che il figlio di un Dio si sia veramente incarnato. Questo mistero naturale e terreno non cesserebbe di turbare e ingentilire il cuore di chi non crede”.
Un grande scrittore ebreo, Franz Kafka, interpellato dall’amico Janouch con una domanda inattesa: “E Cristo?”, dette la sensazione di una scossa all’anima: “chinò il capo. ‘E’ un abisso pieno di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitarvi’ ”. Anche il laico Albert Camus accusa il colpo: “Io non credo nella risurrezione però non posso nascondere l’emozione che sento di fronte a Cristo e al suo insegnamento. Di fronte a lui e di fronte alla sua storia non provo che rispetto e venerazione”.
Umberto Saba, poeta triestino, ebreo, confidandosi in alcune sue lettere con l’amico monsignor Giovanni Fallani, dichiarava di non avere la fede, ma scriveva anche: “io amo Gesù come l’uomo che più si è avvicinato al divino o, almeno, a quello che i poveri uomini immaginano essere il divino. Sì, amo infinitamente Gesù, ma (se così oso dire) lo amo come un ponte fra l’uomo e il Divino. Lo amo come un ‘fratello’; infinitamente grande, infinitamente buono e amabile. Ho bisogno di credere, di appoggiare, in ogni caso, la mia disperazione a Gesù”.
E in un’altra lettera, raccontando del suo calvario nell’assistere la moglie malata:
“Quando mia moglie era ancora a casa e, almeno a tratti, in sé, le ho parlato un giorno di Gesù (…). Si era a tavola e pareva molto commossa, tanto che, appena l’aiutai a mettersi a letto, le dissi: Lina mia, vuoi che ci baciamo in Gesù? La povera vecchia mi rispose: Magari! Abbiamo provato entrambi momenti di grande dolcezza. Ci siamo baciati e abbiamo pianto”.
E’ sorprendente che un uomo – a distanza di duemila anni – possa commuovere a tal punto da medicare le ferite della vita di un uomo e una donna del XX secolo, come una carezza buona che arriva fin nel profondo dell’anima. Non è mai accaduto nella storia.
Oltretutto nel caso di Gesù – lo stiamo considerando al momento come un semplice uomo - è inspiegabile questa capacità di attraversare e invadere i secoli e i cuori.

- Antonio Socci - 
Fonte:  “Indagine su Gesù” di Socci, 2008, Rizzoli Editore





«Don Camillo guardò in su verso il Cristo dell'altar maggiore e disse: “Gesù, al mondo ci sono troppe cose che non funzionano”.
“Non mi pare”, rispose il Cristo. “Al mondo ci sono soltanto gli uomini che non funzionano.»

- Giovanni Guareschi - 




Nel deserto della storia è nato un giorno un fiore che è umanamente inspiegabile. Nulla di simile si è mai visto, né mai si vedrà. 
Per questo il fascino umano di Gesù da sempre stupisce e attrae tutti, perfino i suoi nemici.
Tanto che J. Malegue ha scritto: “Oggi il difficile non è l’accettare che Cristo sia Dio; il difficile sarebbe accettare Dio se non fosse Cristo”.


- Antonio Socci - 


Buona giornata a tutti. :-)