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martedì 14 novembre 2023

Perchè? (1916) e altre poesie - Giuseppe Ungaretti

 Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso.
Negli incastri fangosi dei sassi
come un'erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce.
Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell'improvvisa strada
di guerra.
Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato.
Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione.
Guardo l'orizzonte
che si vaiola di crateri.
Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi.
Reggo il mio cuore
che s'incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo.
Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere.


 - Giuseppe Ungaretti -
Carsia Giulia, 1916
da: "L'Allegria", Ed. Mondadori

Ivan Aivazovsky

Dolce declina il sole.
Dal giorno si distacca
Un cielo troppo chiaro.
Dirama solitudine
Come da gran distanza
Un muoversi di voci.
Offesa se lusinga,
Quest'ora ha l'arte strana...
Eppure, eppure griderei:
Veloce gioventù dei sensi
Che all'oscuro mi tiene di me stesso
E consenti le immagini all'esterno,

Non mi lasciare, resta, sofferenza!

- Giuseppe Ungaretti -



Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.

- Giuseppe Ungaretti - 
da Soldati, ne L'allegria



Mattina

M’illumino d’immenso.

- Giuseppe Ungaretti -
Santa Maria la Longa, 26 gennaio 1917



Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 18 febbraio 2021

Il leone e il cagnolino - Lev Tolstòj

Londra, c’era una mostra di bestie feroci e, per entrare a visitarle, si poteva pagare, oppure portare dei cani e dei gatti, da dare in pasto alle belve.
Un tale ebbe voglia di vedere le belve: acchiappò per la strada un cagnolino e lo portò al serraglio. L’uomo fu lasciato entrare e il cagnolino fu preso e gettato nella gabbia in pasto al leone. Il cagnolino si mise la coda fra le zampe e si ritirò in un angolo della gabbia. Il leone gli s’accostò e lo fiutò.
Il cagnolino si coricò sulla schiena, alzò le zampette e agitò la coda. 
Il leone gli diede un tocco con la zampa e lo rivoltò. Il cagnolino saltò su e restò seduto dinanzi al leone sulle zampette posteriori. Il leone lo guardava fisso, piegava la testa ora di qua, ora di là, e non lo toccava. 
Quando il padrone delle belve gettò al leone la carne, il leone ne strappò un boccone e lo lanciò al cagnolino. Quando la sera il leone si mise a dormire, il cagnolino gli si stese accanto e gli posò la testa sulla zampa. 
Da quel giorno, il cagnolino visse sempre dentro la gabbia del leone, e il leone non lo toccava, mangiava e dormiva con lui e, certe volte, perfino ci giocava insieme.
Una volta, un signore venne a visitare il serraglio e riconobbe il proprio cagnolino: disse che il cagnolino era suo, e chiese al padrone del serraglio che glielo restituisse. Il padrone acconsentì, ma come provarono a chiamare il cagnolino per estrarlo dalla gabbia, il leone s’incollerì e si mise a ruggire. 
Così seguitarono a vivere insieme, leone e cagnolino, un anno intero, nella stessa gabbia. Un brutto giorno, il cagnolino s’ammalò e morì.
Il leone smise di mangiare, stava sempre a fiutare il cagnolino, a leccarlo, a smuoverlo con la zampa. Quand’ebbe capito che era morto, d’improvviso diede un balzo, drizzò la criniera, cominciò a battersi la coda sui fianchi, poi si slanciò contro la parete della gabbia e si mise a mordere i chiavistelli e il piancito (pavimento ndt). Per tutta la giornata si dibatté, girò su e giù per la gabbia, e continuò a ruggire; alla fine s’accovacciò accanto al cagnolino morto e si quietò. Il padrone andò per portar via la bestiola morta, ma il leone non permetteva a nessuno di accostarsi. Allora, il padrone pensò che il leone avrebbe scordato il suo dolore se gli si fosse dato un altro cagnolino come quello e gli mise nella gabbia un cagnolino vivo; ma subito il leone lo sbranò in mille pezzi. Poi, abbracciò con le zampe il cagnolino morto, e così rimase disteso cinque giorni. Il sesto giorno il leone morì.

- Lev Tolstòj - 
da: Racconto dal vero



Il bene è in tutti: troppo spesso manca solo il coraggio di usarlo. 

- Lev Tolstoj -





"Il dolore è parte della vita. A volte è una parte grande, e a volte no, 
ma in entrambi i casi, è una parte del grande puzzle, della musica profonda, del grande gioco. 
Il dolore fa due cose: ti insegna e ti dice che sei vivo. 
Poi passa e ti lascia cambiato. E ti lascia più saggio, a volte. 
In alcuni casi ti lascia più forte. In entrambe le circostanze, il dolore 
lascia il segno, e tutto ciò che di importante potrà mai accadere 
nella tua vita lo comporterà in un modo o nell'altro."


- Jim Butcher -






Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo.

- Italo Calvino -




Buona giornata a tutti :-)


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venerdì 30 ottobre 2020

La separazione è la radice di ogni sofferenza e conflitto - Jeff Foster

"Riposa compagno stanco.
Vieni, poggia la testa qui.
Hai viaggiato tanto.
Non ho parole sagge da offrirti
nessuna disciplina da insegnarti
nessun concetto fisso da donarti.
Non troverai nessuna filosofia qui.
Nessuna risposta alle tue molte domande.

Offro solo la presenza.
Un Santuario.
Un letto. Nutrimento.
Un po' di gentilezza per ringraziare la tua.

Non sono migliore di te.

Il mio guru è la vita.
La mia stirpe l'amore.
Non divido ciò che è illuminato da ciò che non lo è.
Non insegno nulla che non venga direttamente dalla vita.
Non traggo citazioni da nessun libro, ma dalle crepe che si aprono nel cuore.
Vedo la tua fragilità ma anche il tuo immenso potere.
Ci siamo incontrati molto tempo fa, quando le molecole hanno danzato in armonia per formare mondi.
Fin d'allora ho notato il tuo coraggio.

Chiudi gli occhi; mi prenderò cura della tua notte."

- Jeff Foster - 


Quando vedo il dolore come mio, sono perso nella mia bolla personale di sofferenza e mi sento scollegato dalla vita, bloccato e solo nella mia disperazione. 

Ma oltre la storia personale della mia sofferenza, scopro che il dolore non è veramente il mio dolore. È il dolore del mondo. È il dolore dell’umanità. Quando perdo mio padre, il lutto che provo non è il mio lutto, ma il lutto di ogni figlio. Sono in lutto per, e con, ogni figlio che abbia mai perso il padre. Quando il compagno ci lascia, diventiamo chiunque abbia mai perso qualcuno che ama. 

Nei recessi più intimi dell’esperienza presente, scopro che sono io l’universo che sto cercando così strenuamente di salvare; scopro che sono io la compassione che provo così intensamente a mettere in atto nel mondo. 

Scopro che sono io gli altri con cui desidero ardentemente un contatto. Nelle profondità del personale, nel mezzo dell’esperienza più intensamente dolorosa e più intimamente personale, scopro l’impersonale verità dell’esistenza, e lì, sono libero. Molti insegnamenti spirituali parlano di evadere dal personale per raggiungere un qualche futuro stato impersonale, ma il personale e l’impersonale sono intimamente uno e non possono essere divisi in questo modo. 

La separazione è la radice di ogni sofferenza e conflitto.

Da: Jeff Foster, “Il risveglio spirituale nella vita quotidiana“, Macro Edizioni, 2017.


Buona giornata a tutti. :-)







sabato 14 marzo 2020

Il fiume - don Bruno Ferrero

Fulgenzio, era un buon padre e un ottimo marito, ma un triste e desolato giorno la sua giovane moglie morì.

Un dolore immenso e rovente dilaniò la sua esistenza. Niente riusciva ad attenuare la sua sofferenza. Cercava invano  brandelli di consolazione nei suoi bambini che lo fissavano smarriti. Come specchi, gli umili occhioni gli rimandavano l’immagine della loro madre tanto amata. Neanche più ricordava il tempo in cui lavorava cantando. Il lavoro come il pane gli era diventato amaro e pesante.
Una sera rannicchiato nel letto piangeva silenziosamente per non svegliare i bambini, quando gli apparve una figura dolce e rassicurante, che lo prese per mano. 

Era la Vergine Addolorata.
 “Vieni con me, Fulgenzio” gli disse.  “Vieni con me: ti porterò  al Fiume della Pace. Chiunque si bagna nelle sue acque troverà la consolazione che cerca”. 
Camminarono nella notte per molto tempo.

Ad un certo punto, Fulgenzio cominciò a sentire il rumore di acque scroscianti. Un fiume immenso, dalle acque pure e trasparenti, scorreva davanti  a loro.
“Immergiti nel Fiume della Pace, pellegrino del dolore” gli intimò la Vergine “le sue acque scioglieranno la tua pena e la tua angoscia”.
Fulgenzio si immerse. Il suo corpo fu avvolto da un conforto pieno di vigore e serenità,  una pace balsamica che guariva le sue  ferite.
 Dopo quell’immersione salutare, Fulgenzio, chiese alla Madonna: “Da dove viene quest’acqua miracolosa?”
 “Sono le lacrime del mondo” rispose la Vergine. “tutte le lacrime del mondo si raccolgono in questo fiume.
Lacrime amare, di paura, di dolore, di delusione, di sconfitta, di rabbia.
Ma anche le lacrime più dolci, quelle versate per amore, per il ritorno di una persona cara, per uno scampato pericolo”.
Fulgenzio udì i sospiri e i gemiti di tutti coloro che avevano versato quelle lacrime, e comprese che anche le sue lacrime erano ormai un unico pianto, puro e indistinto che scorreva nelle acque di quel fiume. Si sentì in comunione totale con tutto il dolore e la gioia del mondo.
Fu in quel momento che la Madre di Dio gli parlò del dolore di suo Figlio, e Fulgenzio sentì il pianto di Cristo davanti alla tomba di Lazzaro, il pianto nel Getsemani, il suo pianto ai piedi  della Croce.
Fulgenzio si ridestò improvvisamente, il cuscino era ancora bagnato, ma una pace profonda si era impadronita di lui.

Non siamo figli del dolore, ma della compassione.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte: I figli semplicemente fioriscono (pag.76,77) ed. Elledici

La Pietà del Bellini


Sant ' Agostino si rese conto di di un aspetto singolare che riempì di stupore e di gioia il suo cuore: capì che lungo tutto il suo cammino era la Verità che lo stava cercando e che l'aveva trovato. 
Lasciamoci trovare e afferrare da Dio, per aiutare ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla Verità.


- Papa Benedetto XVI -




Struzzi


Ma noi solitamente facciamo spallucce e mettiamo la testa sotto la sabbia. C’è una scambio di battute, nel film “La grande bellezza”, che è un simbolo perfetto del nostro tempo vacuo e superficiale.



“Come stai , caro?”, chiede Jep Gambardella ad Andrea. 
E lui: “Male. Proust scrive che la morte potrebbe coglierci questo pomeriggio. Mette paura Proust. Non domani, non tra un anno, ma questo stesso pomeriggio, scrive”. 
La replica di Jep è questa: “Vabbè, intanto adesso è sera, dunque il pomeriggio sarebbe comunque domani”.



E’ un cinismo compiaciuto che oggi è molto diffuso (ci si sente furbi e spiritosi a buttarla in battuta), ma che nasconde una disperata inermità.
Del resto già Pascal diceva che gli uomini, non sapendo trovar rimedio alla morte, decisero, per rendersi felici, di non pensarci. Ma quale felicità? Quella del ballo sul Titanic? 
Più che una grande bellezza, una grande tristezza.
Dev’esserci anche un qualche meccanismo psicologico che si è interiorizzato per evitare di guardare l’abisso. Freud sosteneva che “in fondo nessuno di noi crede alla propria morte”.
Così quando arriva è troppo tardi per pensarci. Ma la si sconta vivendo, avvertiva il poeta. E specialmente vivendo la morte delle persone che amiamo.
In quel caso – e capita a tutti – per un attimo, un’ora o un giorno il teatro delle chiacchiere e dei burattini che è la quotidianità scompare e ci si trova ammutoliti davanti alla realtà.

- Antonio Socci -

fuga di Renzo da Milano per la peste (Manzoni)

“Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, 
e questo è forma che l’universo 
a Dio fa simigliante”.

Dante Alighieri 
Paradiso canto I




Buona giornata a tutti :-)

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sabato 4 maggio 2019

La notte dell’anima - p. Luiz Carlos de Oliveira Redentorista

La notte dell’anima. 
Questo tema esige esperienza e conoscenza. 
Nella vita umana ci sono momenti difficili e di depressione, talvolta li chiamiamo così. 
Le sofferenze che provengono dalla nostra fragilità o sono causate dalle circostanze o sono una costante della vita. 
La depressione non è una malattia di fondo. L'oscurità dell’anima, o notte dello spirito, è uno stato spirituale nel quale perdiamo il senso delle cose religiose. 
Sembra che non abbiamo più fede; non sentiamo piacere a pregare; è una aridità totale. 
Abbiamo l’impressione che stiamo perdendo il senso delle cose. 
Ciò che facciamo perde tutto di valore. 
Abbiamo la sensazione di essere condannati, e abbandonati da Dio. Le tentazioni aumentano. La forza di vincerle diminuisce.  
Che manca per essere peggiori? Non sappiamo cosa ci sta succedendo. Ma anche Gesù è passato per questo momento: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 48). 
I santi sono passati da questo. Sant' Alfonso piangeva; San Paolo della Croce è vissuto 40 anni in questo stato; Santa Teresina, diceva che non sentiva piacere nel pregare. Il fatto è che tutti passano, più o meno, da questo stadio. Purtroppo molti non sanno  ciò che gli  sta accadendo e, peggio ancora, quando il direttore spirituale non capisce ne ha una formazione sufficiente per orientare in questi momenti. 
Così tutto peggiora! Alcuni cadono. San Giovanni della Croce, avendone fatto l'esperienza, la spiega con profondità. Possiamo dire che è la notte dell’amore totale, quando, per essere tanto amati, ci perdiamo in Dio. Analizzate la vostra vita e vedrete. Incontriamo questa realtà in molti testi della Scrittura. Non ci facciamo caso a prima vista.
La forza di vincere
C’è un solo rimedio che dà forza per sostenere questa battaglia che sembra persa: Dio amore che, anche sembrando lontano e distante, è invece una presenza costante. Occorre solo continuare: credendo, amando e sperando.  
Se tutto finisce, Dio non finisce. S. Teresa diceva: “Solo Dio basta”. 
Amare Dio non per noi, ma per Lui. Nei salmi incontriamo questa situazione e la risposta è sempre la stessa: “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente; quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sl 42,2). 
Quanto più ci convinciamo che Dio è il tutto, più ci spoglieremo delle cose che sono secondarie. Dio è la fonte dell’energia che ci fortifica in questa notte dello spirito. E’quello che contempla Gesù nella totale oscurità della morte: “Non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, nè lascerai che il tuo Santo veda la corruzione” (S. 15,10). 
E’ importante in questi momenti l’appoggio di qualcuno che conosca questo momento di un cuore che ama Dio. E’ fondamentale non smettere di fare ciò che sempre abbiamo fatto nella Chiesa, non abbandonare la fede, nè i sacramenti nè la preghiera. Non c’è né piacere né gusto, ma questa è la fede pura. E ciò basta! 
I frutti della notte.
Arriviamo così a conoscere quanto la croce di Gesù faccia parte della nostra vita e sia la nostra salvezza. Siamo purificati dai tanti mali che ci rallentano nel cammino verso Dio. Anche le cose spirituali buone, ma che sono per noi e non per Dio, sono riformulate. 
E’ l’ora del distacco. Diventiamo pronti per altre battaglie. Il maggior guadagno è sentire Dio come  Qualcuno, come l’Altro che mi ama. 
Questo spogliamento ci mette in condizioni di andare all’incontro degli altri. “Chi ha conosciuto l’Amato, fa tutto perché sia conosciuto e amato”. 
Dopo la notte del dolore, arriva la notte dell’incontro con l’Amore che ci ama.

- padre  Luiz Carlos de Oliveira -
Redentorista



Prendersi la responsabilità delle proprie colpe (che non vogliamo neppure riconoscere o per le quali non riusciamo a perdonarci) non è masochismo, è liberatorio, è un salto qualitativo, significa diventare adulti.
Ma da soli non è facile, perchè tendiamo ad essere giudici implacabili che non concedono sconti.
Per questo abbiamo bisogno di qualcuno che ci accolga e ci voglia bene.
Solo così possiamo intraprendere un cammino di guarigione dal torpore dell'infantilismo.


Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.

Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso,ma anche per donarlo agli altri.
ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.

Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull'orologio.

Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.

Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno , ogni tua ora come un dono.

Ti auguro tempo anche per perdonare.

Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita.

- Elli Michler -


Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 4 aprile 2019

Se l'uomo non avesse il dolore .... difficilmente infilerebbe la strada della salvezza. - Carlo Carretto e Non abbiate paura - San Giovanni Paolo II, papa

"...Dio aveva infiniti modi di fare un mondo diverso.
Lui è Dio, è il dio dell'impossibile.
Poteva fare un mondo senza sofferenze, poteva fare un mondo non assoggettato al dolore, poteva fare suo figlio immerso nelle gioie dell'eros come in un perenne viaggio di nozze. No! Non l'ha fatto.
Gli ha lasciato un po' di eros ma gli ha chiesto di abituarsi all'agape del sacrificio.
Gli ha regalato albe stupende, ma gliele ha mescolate a notti di tragedia.
Gli ha dato salute e forza fatte apposta per soffocarlo nel momento in cui non se l'attende. Come terribile metastasi del male.
E' inutile trovare la scusa che non è Dio che vuole il male, che il dolore è colpa dell'uomo e dell'ecologia distrutta.
No,no!
Io so che Dio può tutto e, se volesse, potrebbe bloccarmi il cancro che ho addosso e mi distrugge.
Non lo fa.
A me piace la soluzione di Giacobbe: mi sembra più semplice.
E' lui che mi ha azzoppato.
Discutete pure all'infinito, come i quattro teologi accanto a Giobbe, sul perchè del dolore e del perchè Dio lasci il dolore su questa terra.
Io preferisco dire: "E' Lui".
E' Lui che mi ha distrutto i campi. E' Lui che ha permesso che i nemici uccidano i miei figli.
E' Lui che mia ha portato su questo letamaio.
Non ci sono due potenze.
Ce n'è una sola: Dio!
Lui può.
Però non interviene e lascia che io soffra, permette che la guerra venga dichiarata, non dice nulla quando quattro boss della mafia mi avvelenano una provincia, lascia che la mano crudele del soldato e del poliziotto torturi il fratello per farlo parlare.
Qui sta una parte del mistero del dolore.
Dio permette.
Dio mi ferisce.
Dio mi distrugge i raccolti.
Dio imperversa nella tempesta.
Dio mi conduce alla morte.
Ma è proprio nel ferirmi che tira fuori il meglio di me.
Se non fossi ferito, sarei insopportabile nelle mie diaboliche sicurezze.
Ferito, rimango calmo e imparo a piangere; piangendo imparo a capire gli altri, imparo la beatitudine della povertà.
E' così.
Se l'uomo non avesse il dolore, se non passasse nel limite della sofferenza, difficilmente infilerebbe la strada della salvezza.
Se in Egitto il popolo avesse avuto la libertà, Mosè non avrebbe potuto convincerlo a tentare l'avventura della liberazione.
Se nel deserto avesse trovato al posto dei serpenti, della fame e della sete, oasi incantate, non sarebbe mai giunto alla terra promessa.
Non esiste stimolo a marciare verso il nostro domani, più efficace della nostra sofferenza.
Ed è per questo che Dio colpì Giacobbe all'anca."

- Carlo Carretto -
da:  "Perché Signore? Il dolore: segreto nascosto nei secoli"



Fratelli e Sorelle!
Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!
Non abbiate paura!
Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati,

i sistemi economici come quelli politici,
i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”.
Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi 
– vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – 
permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! Di vita eterna.


- san Giovanni Paolo II, papa -


Buona giornata a tutti. :-)

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domenica 3 marzo 2019

Difendimi Dio della stanchezza - Adriana Zarri

«Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri. 
Ero giovanissimo, avevo l'illusione che l'intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò m'ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà della notte a meditare sulle questioni più astruse. 
Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra. 
Mi ero ridotto a una vita quasi vegetativa: ma non animalesca. 
Leggicchiavo un poco, pregavo, passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l'orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari. Una sera, anzi una notte, mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull'erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. 
Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. 
Ruppe il silenzio, ma non l'incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad una ispirazione profonda: 
«Com'è bello! E pure c'è chi dice che Dio non esiste». 
Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell'ora: dopo mesi di studi aridissimi, toccò tanto al vivo l'animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri. 
Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremil'anni: 
«I cieli narrano la gloria di Dio». 
Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: 
«Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore». 
Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c'era nell'animo suo, custoditovi da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi.» 

- Enrico Fermi -




"Quando un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di divorarne il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di sé che ferisce e irrita la carne del mollusco, e l’ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l’estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all’intruso strati di se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. A cerchi concentrici costruisce in un periodo di quattro o cinque anni una perla dalle caratteristiche uniche e irripetibili. 
Ciò che all’inizio serviva a liberare e difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva, diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile.
Così è la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessanti..." 

Alessandro D'Avenia -
da: "Cose che nessuno sa"




Amami tu, Signore
anche se non sono amabile,

anche se sono povero,

anche se non lo merito,
anche se ti amo poco,
amami tu, Signore.


Quando mi alzo al mattino, pieno di sogni,
quando mi corico alla sera, pieno di delusioni,

quando lavoro per inerzia,

quando mi riposo e sono vuoto,
quando prego e sono distratto,
quando non ho voglia di amarti,
amami tu, Signore.


Quando penso di amare te
senza amare gli uomini,

quando mi illudo di amare gli uomini

senza amare te,
quando temo di amare troppo
amami tu, Signore.


Quando ho paura di compromettermi,
e ho paura di impegnarmi,

quando fuggo l'amore,

quando nessuno mi ama,
amami tu, Signore.


- Adriana Zarri -
teologa e scrittrice, 1919-2010 




Buona giornata a tutti. :-)

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