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sabato 22 febbraio 2020

Luce del Mondo, sale della Terra - Cardinale Giacomo Biffi

Siamo riconoscenti al Padre del cielo perché ci ha assegnato il compito arduo e bellissimo di essere il «sale della terra» e la «luce del mondo»; il compito cioè di aiutare i nostri contemporanei a di­stinguere il vero dal falso e il bene dal male, a capire qual è il senso ultimo del nostro camminare nella storia, a riconoscere Cristo come unico vero Maestro e unico Salvatore.
Questa è la prima e la più pertinente missione della Chiesa e dei cristiani nella società; ed è anche l’atto di misericordia e d’amore più prezioso e più alto che noi possiamo offrire ai nostri fratelli in umanità.
È allora una pena vedere dei cattolici che, timorosi delle critiche o desiderosi di essere accolti dagli altri, si assimilano alle loro po­vere ideologie, e nascondono la luce della verità evangelica sotto il moggio del quieto vivere e della latitanza apostolica.
Ed è una pena ancora più grande vedere dei credenti che, per non tornare sgraditi a nessuno, diventano alla fine «sale scipito», senza utilità e senza gloria.
Il sale, preso in se stesso, ha sempre un gusto pungente. Ma pro­prio questo sapore lo rende indispensabile e gli consente di avvalo­rare ogni cibo. 
Un sale in cui questo sapore fosse attenuato, un sale per così dire «dolcificato», sarebbe il più inutile degli ingredienti. «A null’altro serve che a essere gettato», dice il Signore.
Parimenti il discepolo di Gesù, che deve pur stare nel mondo in dialogo con tutti, bisogna però che mantenga intatta l’autenticità del messaggio che porta, anche quando i palati mondani lo giudicano aspro e inquietante.
Non illudiamoci che la «dolcificazione» del «sale» divino ci con­senta di essere oggi più facilmente accettati e capiti. Ci condurrebbe piuttosto a «essere calpestati» dagli uomini, i quali di un cristiane­simo in larga parte omologato con la mentalità prevalente non sa­prebbero in fondo che farsene.

- Cardinale Giacomo Biffi -
(Omelia per la Giornata della Vita 1993)




A decidere della morte del bambino non ancora nato, accanto alla madre, ci sono spesso altre persone. 
Anzitutto, può essere colpevole il padre del bambino, non solo quando espressamente spinge la donna all'aborto, ma anche quando indirettamente favorisce tale sua decisione perché la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza: in tal modo la famiglia viene mortalmente ferita e profanata nella sua natura di comunità di amore e nella sua vocazione ad essere «santuario della vita». 
Né vanno taciute le sollecitazioni che a volte provengono dal più ampio contesto familiare e dagli amici. 
Non di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all'aborto: non v'è dubbio che in questo caso la responsabilità morale grava particolarmente su quelli che direttamente o indirettamente l'hanno forzata ad abortire. 
Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza acquisita per promuovere la vita.
Ma la responsabilità coinvolge anche i legislatori, che hanno promosso e approvato leggi abortive e, nella misura in cui la cosa dipende da loro, gli amministratori delle strutture sanitarie utilizzate per praticare gli aborti. 
Una responsabilità generale non meno grave riguarda sia quanti hanno favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima della maternità, sia coloro che avrebbero dovuto assicurare — e non l'hanno fatto — valide politiche familiari e sociali a sostegno delle famiglie, specialmente di quelle numerose o con particolari difficoltà economiche ed educative. 
Non si può infine sottovalutare la rete di complicità che si allarga fino a comprendere istituzioni internazionali, fondazioni e associazioni che si battono sistematicamente per la legalizzazione e la diffusione dell'aborto nel mondo. 
In tal senso l'aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e il danno loro arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: è una ferita gravissima inferta alla società e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori. 
Come ho scritto nella mia Lettera alle Famiglie, «ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà». 
Ci troviamo di fronte a quella che può definirsi una «struttura di peccato» contro la vita umana non ancora nata.

- San Giovanni Paolo II, papa - 
Evangelium Vitae 59



I bimbi nascono nella famiglia. La famiglia che prega unita, resta unita. E se i membri della famiglia restano uniti, si ameranno reciprocamente come Dio li ama individualmente.

- Madre Teresa di Calcutta - 


Buona giornata a tutti. :-)











sabato 4 marzo 2017

da: "Noi cannibali figli di Medea" - Oriana Fallaci

....... Infatti se tale opinione coincidesse con quella della Chiesa Marxista, di Lenin, di Stalin, di Mao Tse Tung, e perfino del re di Cuba cioè dello spregevolissimo Castro, la esprimerei col medesimo candore. 
Non me ne importa nulla nemmeno dell' astuto ricatto cioè della loro promessa di guarire il diabete, la distrofia, l' Alzheimer, la sclerosi multipla di Stephen Hawking. (Il grande cosmologo che da decenni vive in carrozzina e ciondola peggio d' un fiore appassito).
Come dissi nell' intervista al Foglio , non me ne importerebbe nemmeno se le staminali servissero a guarire il mio cancro anzi i miei cancri. 
Dio sa se amo vivere, se vorrei vivere più a lungo possibile. 
Sono innamorata, io, della vita. Ma a guarire i miei cancri iniettandomi la cellula d' un bambino mai nato mi parrebbe d' essere un cannibale. 
Una Medea che uccide i propri figli. (« Donna maledetta, aborrita dagli Dei, da me, dall' intero genere umano. Crepa, essere osceno, assassina dei tuoi figli » le dice Euripide attraverso Giasone).
Me ne importa ancor meno del fatto che i Frankenstein e i loro mecenati mi espongano al ludibrio con le accuse retrograda oscurantista reazionaria bigotta baciapile serva del Vaticano. 
Tanto con loro non serve neanche spiegare perché un' atea (sia pure atea cristiana) non può esser bigotta, non può essere baciapile eccetera. 
O perché una laica che s' è sempre battuta per la giustizia e la libertà non può esser retrograda, oscurantista, reazionaria. 
E aggiungo: davvero non v' è limite all' incoerenza dei voltagabbana. 
Un tempo gli odierni cultori del cannibalismo urlavano che era crudele sacrificare gli animali nei laboratori. E ne convengo. 
(Ho visto cose atroci nei laboratori. Una volta a New York ho visto togliere il cuore a una cagnolina, sostituirlo col cuore di un maialino, e poi piazzarlo sotto il naso della povera creatura per vedere se lo riconoscesse. Lei l' ha riconosciuto e s' è messa a mugolare disperatamente. 
Un' altra volta a Chicago ho visto togliere il cervello a una piccola scimmia. Da viva, visto che il cervello doveva restar vivo attraverso un' irrorazione di sangue. Si chiamava Libby, e mentre la legavano al lettuccio operatorio mi fissava come se implorasse il mio aiuto. 
Infatti mi vergognai. Vomitai e il Frankenstein di turno, un noto ricercatore, mi chiese stupito: « Why, perché? La credevo meno schizzinosa. Less squeamish. Libby non ha mica un' anima » . 
Piangevano anche sui topi usati per sperimentare i farmaci, quei parolai. 
Li definivano martiri e per difenderli inscenavano bellicosi cortei simili a quelli dei pacifisti che la pace la vogliono da una parte e basta. 
Ora invece accettano che le cavie siano i nostri figli mai nati, sacrificati come la cagnolina di New York e come Libby. Accettano che le cellule di queste nuove cavie vadano ad arricchire le ditte farmaceutiche il cui cinismo supera quello dei mercanti d' armi, accettano che gli embrioni vengano squartati come bovi nelle macellerie per ricavarne tessuti e organi da vendere come si vendono i pezzi di ricambio per un' automobile. Accettano che tutto ciò miri a realizzare il Mondo Nuovo di Huxley, a farci diventare uomini Alfa o Beta o Gamma o Dio sa cos' altro. Campioni di salute e di bellezza ma senza cervello o mostri intelligentissimi ma senza braccia e senza gambe? (A proposito: nei laboratori di ricerca un' altra volta ho visto un uccello che chissà perché, suppongo per divertirsi, avevano fatto nascere senza le ali).
Sembrava una palla fatta di piume e basta. E mi guardava con certi occhi che al confronto i Prigioni di Michelangelo cioè le quattro statue con la testa o gli arti ancora inseriti dentro la pietra, sembrano creature felici....
E va da sé che ormai le cavie siamo anche noi. 
Una donna che subisce l' estrazione di un ovulo è certamente una cavia. 
Una che per restare incinta se lo fa impiantare, lo stesso. Grazie a una scienza che è sempre più tecno scienza, grazie a una medicina che è sempre più tecno medicina, quindi sempre più disumana, siamo cavie perfino nei casi estranei alla fecondazione artificiale. 
Quando mi sottopongo a una radioterapia, per esempio, specialmente in America non vedo esseri umani.
Intuisco che i medici e i tecnici stanno da qualche parte, sì. Forse al di là del vetro che separa la loro stanza dalla stanza nella quale mi trovo con le apparecchiature e basta. 
Ma di loro non mi giunge neanche la voce. Non mi parlano mai. Perfino quando ricevo l' ordine di trattenere il respiro, è una macchina che parla. La riproduzione di una voce umana. E mi sento sola come un embrione nel congelatore, indifesa come una cavia alla mercé d' un ricercatore. 
La medesima cosa, quando devo riempire i moduli che servono ad arricchire le statistiche su i metodi di cura, le sopravvivenze, i decessi. 
Moduli nei quali sono un semplice numero. Il numero di un prodotto dalla cui etichetta manca soltanto la data di scadenza. Chi in buona fede favorisce il mondo nuovo si ripara sempre sotto l' ombrello delle parole Scienza e Progresso. Forse le più abusate dopo le parole Amore e Pace. Ma sull' interpretazione della parola Progresso, anzi sul concetto del cosiddetto Progresso, i pareri discordano. E diventa sempre più difficile stabilire di che cavolo si tratti.
Per Giordano Bruno era l' astronomia copernicana. Per Voltaire, l' affinarsi delle arti e dei costumi. Per Kant, il Diritto che sostituisce la Forza. Per Darwin, l' evoluzione biologica. Per Marx, il crollo del sistema capitalistico. Per i miei trisnonni il telegrafo, il treno, la nave a vapore, l' illuminazione a gas, la monarchia costituzionale. Per i miei bisnonni l' illuminazione elettrica, il termometro, la vaccinazione antivaiolosa di Pasteur, il radio di Madame Curie, la democrazia senza il suffragio universale. 
Per i miei nonni l' automobile, l' aereo, il telefono, la radio di Guglielmo Marconi, la penicillina, il suffragio universale senza il voto alle donne. 
Per i miei genitori il voto alle donne, l' aria condizionata, la lavapiatti, la Tv, la lambretta, la repubblica. 
Per il mio mondo i trapianti degli organi, le astronavi, i viaggi sulla Luna e su Marte, i maledetti computer, i maledetti telefonini e il maledetto Internet con cui puoi calunniare chi vuoi e rubare il lavoro altrui senza finire in galera. Nonché gli strombazzatissimi Diritti Umani che però non includono i diritti umani di chi come me va controcorrente, e i diritti umani dei bambini.
Diritti calpestati col lavaggio cerebrale della scuola, coi maltrattamenti, i rapimenti, gli assassinii magari compiuti dalle Medee che i propri figli li uccidono a martellate o affogandoli nelle vasche da bagno e nelle piscine. Questo senza contare i bambini pedofilizzati nei collegi e nelle sagrestie, o stuprati e strangolati poi sepolti vivi come Jessica Lundman. 
Bè, vogliamo metterci anche l' olocausto degli embrioni umani nel discutibile elenco d' un Progresso che al novanta per cento dei casi si basa sui successi della tecnologia non della morale? 
A quanto pare, sì. E pazienza se eravamo più progrediti quando eravamo più ignoranti, più ammalati, più poveri, più umani, sicché la morte di un figlio nato o non nato ci riempiva di strazio. Cristo! 
Ha ragione Ratzinger ( grazie, Santità, d' aver sempre il coraggio di dire pane al pane e vino al vino) quando scrive che il Progresso non ha partorito l' Uomo migliore, una società migliore, e incomincia a essere una minaccia per il genere umano. Quanto alla Scienza, mioddio. 
Da giovane mi inchinavo alla Scienza con la stessa devozione che i musulmani hanno per il Corano. Lo stesso ossequio che hanno per Maometto. Volevo diventare uno scienziato, e per questo mi iscrissi a Medicina. 
Del resto ancor oggi per la Scienza ho un istintivo rispetto, una passione che nemmeno i Frankenstein riescono a spengere. 
E sarei un' imbecille se negassi che l' umanità è andata avanti anche grazie a lei. Sai, anche a me piace andare sulla Luna e su Marte. Anzi mi piace assai più di quanto piaccia agli avanguardisti. 
Anche a me piace usare il telefono, la radio, l' aereo, la Tv. 
E se per il momento sono ancora viva lo devo alla Medicina che sia pur facendomi spesso sentire un embrione nel congelatore, una cavia alla mercé d' un ricercatore, mi ha curato e mi cura.
Però...
Però la Scienza è come il fuoco. Può fare un gran bene o un gran male. 
Come il fuoco può scaldarti, disinfettarti, salvarti, oppure incenerirti. Distruggerti. Come il fuoco, spesso fa più male che bene. E il motivo è proprio quello che, come il fuoco, non si pone problemi morali. 
Per lei tutto ciò che è possibile è lecito. 
Lascia perdere la retorica: di scrupoli la Scienza ne ha sempre avuti pochini. Di rimorsi, ancor meno. Si è sempre arrogata il diritto di fare ciò che voleva fare, che vuol fare perché si può fare. E facendolo non s' è mai chiesta se ciò fosse giusto. 
Peggio: come una bagascia che vende il suo corpo, s' è sempre venduta al miglior offerente. 
Ha sempre rincorso i premi Nobel, la sua vanità, il suo delirio di onnipotenza, la sua brama di sostituirsi alla Natura. 
(Ratzinger dice « sostituirsi a Dio » ) .


- Fallaci Oriana -
Intervista tratta dal Corriere della Sera - 3 giugno 2005



Il potere più pericoloso – quello trasparente, a cui tutti noi siamo in qualche modo sottomessi e sul quale nessuno di noi ha diretta possibilità d’intervento – si avvale di un supporto scientifico per manipolare e modificare a proprio piacimento i processi di accettazione sociale di fatti e pratiche che prima erano vietati e che si desidera vengano invece accettati per massimizzare il controllo. 
Il primo passo consiste inizialmente nella decostruzione e quindi nell’invenzione di un nuovo mondo concettuale, linguisticamente forgiato, cui non fa riscontro alcun dato reale. 
La seduzione delle parole è potenziata da tecniche specifiche con cui vengono introdotte pratiche e realtà che da uno stadio di radicale non-accettazione vengono poi a trovarsi come socialmente condivisibili, quindi condivise, infine giustificate per legge, senza che l’opinione pubblica abbia coscienza dei meccanismi che hanno prodotto questo mutamento.

- Alessandro Benigni - 
da: https://ontologismi.wordpress.com/




Buona giornata a tutti. :-)