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venerdì 19 aprile 2024

Una lampada ai nostri passi - Teofane il Recluso

 Impara a praticare la preghiera della mente nel cuore. 
La Preghiera di Gesù infatti è una lampada ai nostri passi e una stella che ci guida sulla via del cielo, come insegnano i santi Padri nella Filocalia. 
La Preghiera di Gesù, quando brilla incessantemente nella mente e nel cuore, è una spada contro la debolezza della carne e i desideri malvagi di gola e di lussuria. Dopo le parole iniziali: « Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio », puoi continuare così: « per l’intercessione della Madre di Dio, abbi pietà di me, peccatore ».
La preghiera esteriore da sola non è sufficiente, Dio presta attenzione alla mente: perciò quei monaci che non conciliano la preghiera interiore con quella esteriore non sono monaci, sono simili a legna bruciata. 

Il monaco che non conosce o che ha dimenticato la pratica della Preghiera di Gesù non porta il sigillo di Cristo. I libri non possono insegnarci la preghiera interiore, possono solo farci vedere alcuni metodi tecnici per praticarla. 
È necessario invece recitarla con perseveranza.

- Teofane il Recluso - 




La pratica della Preghiera di Gesù è semplice. 
Rimani alla presenza del Signore con l’attenzione nel cuore e invocalo: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me!» 
L’essenziale non sta nelle parole, ma nella fede, nella contrizione e nella sottomissione al Signore. Con questi sentimenti si può stare davanti a Dio anche senza parole ed essere ugualmente in preghiera.

- Teofane il Recluso - 



 Van Gogh, giardino dell'asilo, aprile 1890

A me sembra

che la nostra principale certezza della bontà divina

poggi proprio sui fiori. 

Tutto il resto, 
le nostre facoltà, i nostri desideri, il nostro cibo,
è strettamente necessario per la nostra esistenza, 
ma i fiori rappresentano un extra. 
Il loro profumo e il loro colore 
sono un abbellimento della vita...

- Sir Arthur Conan Doyle - 



Lavora recitando la Preghiera di Gesù: “Dio ti benedica!” 
All’uso di recitare oralmente questa preghiera unisci però il ricordo del Signore, accompagnato dal timore e dalla devozione. 
La cosa più importante è che tu cammini alla presenza di Dio, sotto il suo sguardo, cosciente che Dio ti sta osservando, sta cercando la tua anima e il tuo cuore, sta vedendo tutto ciò che succede in essi. 
Questa coscienza è la leva più potente del meccanismo della vita spirituale.

- Teofane il Recluso - 


Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 17 aprile 2024

Il grillo e la moneta - don Bruno Ferrero

Un saggio indiano aveva un caro amico che abitava a Milano. 
Si erano conosciuti in India, dove l'italiano era andato con la famiglia per fare un viaggio turistico. L'indiano aveva fatto da guida agli italiani, portandoli a esplorare gli angoli più caratteristici della sua patria. 
Riconoscente, l'amico milanese aveva invitato l'indiano a casa sua. 
Voleva ricambiare il favore e fargli conoscere la sua città. L'indiano era molto restio a partire, ma poi cedette all'insistenza dell'amico italiano e un bel giorno sbarcò da un aereo alla Malpensa. 
Il giorno dopo, il milanese e l'indiano passeggiavano per il centro della città. L'indiano, con il suo viso color cioccolato, la barba nera e il turbante giallo attirava gli sguardi dei passanti e il milanese camminava tutto fiero d'avere un amico così esotico. Ad un tratto, in piazza San Babila, l'indiano si fermò e disse: "Senti anche tu quel che sento io?". 
Il milanese, un po' sconcertato, tese le orecchie più che poteva, ma ammise di non sentire nient'altro che il gran rumore del traffico cittadino. "Qui vicino c'è un grillo che canta", continuò, sicuro di sé, l'indiano. "Ti sbagli", replicò il milanese "io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli da queste parti". 
"Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo", ribatté l'indiano e decisamente si mise a cercare tra le foglie di alcuni alberelli striminziti. 
Dopo un po' indicò all'amico che lo osservava scettico un piccolo insetto, uno splendido grillo canterino che si rintanava brontolando contro i disturbatori del suo concerto. "Hai visto che c'era un grillo?", disse l'indiano. "È vero", ammise il milanese. "Voi indiani avete l'udito molto più acuto di noi bianchi...". "Questa volta ti sbagli tu", sorrise il saggio indiano. "Stai attento...". 
L'indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò cadere sul marciapiede. Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare. "Hai visto?", spiegò l'indiano. "Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato quanti bianchi lo hanno udito?". 

Giuseppe è uomo che sa ascoltare le voci degli angeli che noi, spesso, non riusciamo più ad ascoltare. Ci vuole un udito ‘particolare’ per sentire la voce di Dio che ci parla ogni giorno. Solo chi sa pregare e fare silenzio è capace di sentirla. 

- don Bruno Ferrero - 
da: "Il canto del grillo", Elledici 1990



"Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca..."

- Charlie Chaplin -



Madre santissima, salute dei malati,
tu hai generato Colui che ci ha guarito dal peccato:
senza di Lui quel male, per noi incurabile,
ci avrebbe devastato!
Tu sei la Madre di Colui che sana le ferite del male
e che con la sua morte e risurrezione
apre per noi le porte della grazia,
fonte di salute dell’anima e del corpo.
Tu sei nostra Madre: a te ricorriamo fiduciosi.
ricordati di noi che siamo nella prova!
Lascia, o Madre tenerissima,
che preghiamo con te il Figlio tuo,
e per la comune invocazione del Suo nome
Egli ci liberi dal male che ci consuma
e ci conceda vita e salute.
Tu che, docile sotto la croce,
hai offerto la tua sofferenza,
insegnaci ad unire il nostro dolore,
con te e come te,
a quello del tuo Figlio Gesù
nostro unico Salvatore.
Amen.

l'icona sacra è presso la Basilica Santa Maria Maggiore Ravenna (Italy)

Buona giornata a tutti. :-)

 

domenica 7 aprile 2024

La lezione di una farfalla

 Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco.

Dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l'uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo.
La farfalla uscì immediatamente.
Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L'uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all'altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.
Non successe nulla! In quanto, la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.
Non fu mai capace di volare.
Ciò che quell'uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l'intenzione di aiutare non capiva, era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinchè la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare. 
Era la forma con che Dio la faceva crescere e sviluppare.
A volte, lo sforzo é esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.
Se Dio ci permettesse di vivere la nostra esistenza senza incontrare nessun ostacolo, saremmo limitati. 
Non potremmo essere così forti come siamo. Non potremmo mai volare.



A volte sentiamo il cuore intenerirsi e già crediamo di amare Dio: potremmo ingannarci. Santa Teresa d'Avila afferma che l'amore ci fa sopportare, operare, lavorare senza posa; ci fa languire utilmente...
Si può essere freddi come il ghiaccio, eppure amare il Signore.

- beato Giuseppe Allamano - 



"...Ogni persona ha un significato tale da non poter essere sostituita nel posto che essa occupa nell'universo delle persone.
Tale è la maestosa grandezza della persona che le conferisce la dignità di un universo..."

(Emmanuel Mounier - Il Personalismo)



Chiesi a Dio

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi;
Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.
Domandai a Dio che mi desse salute per realizzare grandi imprese;
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l'umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita perché io potessi apprezzare tutto.
Signore non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno 
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, 
fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che io ho.

(Kirk Kilgour )


Buona giornata a tutti :-)

venerdì 5 aprile 2024

A coloro che soffrono nel corpo – don Tonino Bello

 Carissimi,

non scrivo per consolarvi. Anche perché so bene quanto fastidio vi diano le declamazioni di coloro che, sentendosi sempre in dovere di spendere qualche buona parola con voi, ricorrono ai prontuari dei più indisponenti fraseggi.
Non è di compatimento che avete bisogno. 
Prima di tutto, perché il compatimento è una spartizione fittizia del dolore. Poi, perché vi toglie la fierezza di rimaner soli sulla croce. E infine, perché rischia di fermarsi alla soglia delle parole. 
Al paraplegico che sta inchiodato su una sedia a rotelle, che sollievo può dare il sermone di circostanza fatto da chi magari, subito dopo, deve correre in palestra per una partita di basket?
All’handicappato che ti interpella sui grandi perché della vita, e vuoi rendersi conto delle ragioni misteriose che stanno all’origine della sua sfortuna, che conforto possono recare i luoghi comuni tratti dai repertori della compassione?
A chi è ridotto all’impotenza da una malattia irreversibile o da un improvviso declino della salute o da un fatale incidente sulla strada, e ti pone la scomoda domanda del «che ci sto a fare più sulla terra», quale aiuto possono dare le tue maldestre citazioni bibliche?
Davanti a chi soffre come voi, l’atteggiamento più giusto sembrerebbe quello del silenzio.
Però, anche il silenzio può essere frainteso o come segno di imbarazzo, o come tentativo di rimozione del problema.
E allora, tanto vale parlarne. Semmai, con pudore. Chiedendovi scusa per ogni parola di troppo. Come, per esempio, una parola di troppo potrà sembrare il segreto che vi confido sulla mia consuetudine con questa preghiera che recito ogni mattina:
“Padre mio, io mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto. Accetto tutto. Purché la tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle tue mani. Senza misura, con infinita fiducia. Perché tu mi sei padre”.
E’ una preghiera difficile, lo ammetto. Forse è stata difficile anche per Charles de Foucauld che l’ha composta. Questo brillante ufficiale di cavalleria, amante della vita eppure spinto a fare un cammino di conversione nelle aridità del deserto, non poteva mai immaginare che un giorno sarebbe caduto assassinato da un beduino mentre era assorto in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Ebbene, ciò che l’ha reso celebre non è stato il suo martirio, quanto quella preghiera di abbandono.
È una preghiera difficile, lo ammetto.
Forse è difficile pure per voi, piagati nei corpo, che tremate a pronunciarla anche dopo che la prova vi è già caduta addosso. Tutto sommato, potrebbe essere una preghiera di comodo, sapendo che a ribellarvi non è che cambiereste la vostra situazione, anzi, accettandovi, potreste cambiare addirittura in preziosissimi assegni circolari le stigmate del vostro fallimento umano.
Ma quando si soffre, è difficile fare di necessità virtù, se non viene una forza dall’alto. Al massimo, ci si può rassegnare. Stoicamente. Col sarcasmo sulle labbra, che spesso è peggio della bestemmia.
Ed eccomi allora chiamato dal mio dovere di vescovo ad additarvi con fermezza lo scandalo della Croce. Dire che col vostro dolore contribuite alla salvezza del mondo, può sembrarvi letteratura consolatoria. Ricorrere alle frasi fatte degli occhi che vedono bene solo attraverso le lacrime, può essere inteso, se non proprio come un insulto gratuito, almeno come un ritrovato sterile della saggezza umana. Accennarvi che, in fondo, ognuno si porta dentro il suo carico di dolori e che, tutto sommato, non siete poi così soli come sembra, potrebbe accrescere il vostro sdegno. Aggiungere che un giorno sarete schiodati pure voi dalla croce, può apparire uno scampolo di quell’eloquenza mistificatoria che non convince nessuno.
Ma dirvi che sulla croce un giorno ci è salito un uomo innocente, e che sul retro della croce c’è un posto vuoto dove un altro innocente è chiamato a far compagnia ai rantoli di Cristo, appartiene al messaggio inquietante, eppur dolcissimo, che un ministro della Parola non può nè accorciare nè mettere tra parentesi.
Quel posto è tuo, Ignazio, paralizzato per sempre; e di nessun altro. E tuo, Ruggero, che ti trascini a tentoni per la casa e mugoli parole indistinte. Chiamalo, il tuo Signore: è un nome breve. Non può non sentirti: è inchiodato appena dietro dite. Quel posto è tuo, Giuseppe, che ti portano da una clinica all’altra per un male incurabile e hai solo trent’anni: non fare lo sbaglio di rinunciare a quel posto. E tuo, Nadia, splendida bambina: non cederlo a nessuno.
Forse un giorno quel posto sarà mio. O lo è già da adesso, ed è solo l’esemplarità del vostro martirio più grande che me ne rende agevole il tormento. Non fosse altro che per questo, vorrei dirvi: grazie!
Ma grazie soprattutto perché, se è vero che dobbiamo adorare e benedire Gesù Cristo che con la sua santa croce ha redento il mondo, è altrettanto vero che, in cooperativa con lui, voi ci avete comprato le gioie che fanno fremere il mondo: le sue canzoni, le sue attese di libertà, le sue esplosioni di luce, i suoi tripudi di vita, le sue ansie di festa senza tramonti, le sue speranze di cieli nuovi e terre nuove.
Sapete che vi dico?
Il mattino di Pasqua, nella corsa verso il sepolcro, voi sarete più veloci di tutti, e ci precederete come Giovanni. E forse vi fermerete sulla soglia, per farci vedere «le bende per terra e il sudano piegato in disparte».
E l’ultima carità che ci aspettiamo da voi.
Un abbraccio.


- Don Tonino Bello - 
Da: “Pietre di scarto”, ed. La Meridiana 1993


"L'amore di Dio si rivela attraverso segni che dapprima non comprendiamo, ma che in seguito rivelano la grandezza del suo disegno". 

- Don Tonino Bello -



La vita senza Dio non funziona, perché manca la luce, perché manca il senso di cosa significa essere uomo. 
I comandamenti non sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita, ma indicatori per trovare una vita piena. 
La disciplina allarga la vita e la fatica dà profondità alla vita e contribuisce a creare un mondo migliore»

Papa Benedetto XVI, 18 marzo 2007


Santa Maria, Vergine della notte,
noi t'imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore,
irrompe la prova,
sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza
il cielo nero degli affanni,
o il freddo delle delusioni
o l'ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell'ora del nostro calvario,
Tu, che hai sperimentato l'eclissi del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile
la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di Madre
la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia
nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla,
perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi
la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte
a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell'oscurità
ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche Tu,
Vergine dell'Avvento,
stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto
si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l'aurora.
 Amen


- don Tonino Bello -




Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 1 aprile 2024

Vogliamo venire dietro a te, Gesù - Madre Anna Maria Cànopi

                                         Noi vogliamo venire dietro a te, Gesù.
Vogliamo continuare a seguirti, 
passo, passo,
sulla via della Croce portando nel cuore 
ogni fratello come amico.
Noi vogliamo essere per te amici fedeli ma tu,
Signore Gesù,
non permettere che ci lasciamo afferrare 
dalla paura e dalla stanchezza.
Infondici l'ardore del tuo Spirito
per aderire a Te e con Te
dare la vita in forza di quell'amore più grande 
che abbraccia ogni creatura.
Amen.

- Madre Anna Maria Cànopi - 



"Il bene più grande che l'Eucarestia attua in chi la riceve è il dono dell'unità. Già i primi cristiani avevano espresso in modo suggestivo il rapporto fra i molti chicchi che formano un solo pane per indicare che i fedeli dispersi in tanti luoghi sono chiamati a divenire "uno" nutrendosi del Pane della vita: il corpo di Cristo. 
Non si tratta tuttavia soltanto di un'immagine. 
La nostra unione con Cristo è ancora più forte: ci rende veramente il suo stesso corpo; per questo ogni divisione, ogni dissidio fra cristiani è contrario al segno eucaristico, lo ferisce profondamente. 
Sostare in adorazione davanti al Santissimo Sacramento ci interroga sul nostro desiderio di unità. 
Non possiamo amare Cristo senza essere ricercatori appassionati di comunione con i fratelli. 
E' questo anche il desiderio più ardente di Gesù espresso nella sua preghiera: "Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato" (Giovanni 17: 20)". 

- Madre Anna Maria Canopi - 
da: "L'adorazione eucaristica", Edizioni Paoline, Pagine 29 e 30



La luce che risplende nel cuore di coloro che cercano Dio è una lampada che illumina la Chiesa e gli uomini.

- Anna Maria Cànopi -
da: "Ogni giorno sorgerà il sole"



Sole senza tramonto

O Cristo, Pane vivo disceso dal cielo,
o grande Sole che mai tramonta all'orizzonte
della Chiesa e del mondo, rendici capaci di rimanere con te
in silenzio di amore e di adorazione.

Esposti ai tuoi raggi divini
saremo pienamente trasformati in te finché
tutto il creato divenga eucaristia
e l'inno cosmico di rendimento
di grazie al Padre, Amore che ti ha
donato, diventi pura lode nel silenzio.

Amen.

 - Madre Anna Maria Cànopi -




Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 14 febbraio 2024

Riflessioni sul Mercoledì delle ceneri

 


Mercoledì delle ceneri è l'inizio di un cammino in cui io mi prendo sul serio e decido di uscire dalla mediocrità, da quello stare a mezza strada, né santo né peccatore, né caldo e né freddo... e questo non per paura di Dio, nel modo più assoluto, ma per amore di Dio e per amore della mia vita, perché Dio è buono. Se io gli sto lontano è a me che faccio male, e insieme con me anche tutti quelli che mi sono vicini. Il segno è quello delle ceneri, che ovviamente non hanno un potere magico ma sono il segno esteriore di una consapevolezza: c'è qualcosa che è cenere e Qualcuno che invece è vita eterna. 
Le frasi che il messale suggerisce per l'imposizione delle ceneri sono due: la più gettonata "convertiti e credi al Vangelo" e la più tremenda "polvere sei e polvere tornerai". 
In realtà sono le due facce della stessa medaglia: io, sempre io, quello che sento, quello che provo, quello che mi emoziona, quello che temo e desidero... ecco tutto questo è la polvere! Addirittura? Penso proprio di sì: è polvere e cenere, cose che un colpo di vento spazza via e non rimane niente, se mi ostino a riempire la vita di queste cose, di polvere si riempie la mia vita (ricordate "vanità delle vanità"?). Per questo "convèrtiti (= riorientati, rivolgiti a, fissa lo sguardo su) e credi al Vangelo di Dio": tu sei figlio suo e Lui, immeritatamente e altrettanto immensamente, ti vuole bene, senza se e senza ma. Questo è il segno delle ceneri.

da: www.omelie.org



La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri: 

1 – Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2 – Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11).

da: www.omelie.org


Nel rito ambrosiano, in cui la quaresima è posticipata di quattro giorni e inizia la domenica immediatamente successiva (e in cui pertanto il carnevale termina con il "sabato grasso"), l'imposizione delle ceneri avviene o in quella stessa prima domenica di quaresima oppure, preferibilmente, il lunedì seguente. 
Il giorno di digiuno e astinenza viene invece posticipato al primo venerdì di quaresima.
Mentre la tradizione popolare meneghina fa risalire il proprio carnevale prolungato, o "carnevalone", a un "ritardo" annunciato dal vescovo di Milano sant'Ambrogio, impegnato in un pellegrinaggio, nel tornare in città per celebrare i riti quaresimali, in realtà la diversa datazione della festa mobile delle Ceneri dipende da un consolidato e più antico computo cronologico dei quaranta giorni della quaresima, conservato peraltro anche nel rito bizantino.



Siamo sulla piazza di un paese del Nord, brulicante di figure come spesso accade nelle tele dei fiamminghi. La scena è di fatto divisa a metà. A sinistra di chi guarda c’è il Carnevale, un uomo grasso, a cavalcioni di un barile, con in mano uno spiedo coi polli infilzati; dietro di lui si nota una tavola imbandita; a terra sono resti di cibo.
Il grassone (immagine a lato) viene spinto da due personaggi in maschera diritto contro una figura femminile magra, rifinita, che fronteggia lo spiedo del rivale con una pala, tenuta a mo’ di lancia, sulla quale sono due aringhe. 
È la Quaresima, su un carro trainato da un frate e da una monaca. 
A sinistra si vede un’osteria, a destra una chiesa. 
I seguaci del Carnevale mangiano, recitano, suonano; quelli della Quaresima sono tristi, vestiti di scuro, votati al sacrificio, soffrono. 
Al centro della scena un buffone guida una coppia di spalle: lei porta legata in vita una lanterna spenta. I critici suggeriscono che nella coppia si visualizzi la condizione del credo cristiano, sia cattolico (la Quaresima), sia luterano (il Carnevale).
In tutto il quadro sono sparsi poveri mendicanti, nell’indifferenza generale. 
E sono forse le figure più vere. In basso a destra una madre riceve l’elemosina da un uomo uscito di chiesa: è vestito di rosso e di azzurro. 
Quell’abito simboleggia il peccato di chi compie ipocritamente un atto di carità, davanti a tutti, per sentirsi a posto.



Pieter Bruegel il Vecchio, La battaglia fra il Carnevale e la Quaresima, 1559
(Kunsthistorisches Museum di Vienna).

Ci ottenga, la Vergine Santissima, la grazia di fidarci di Cristo, per proseguire con gioia il cammino quaresimale e rivedere sinceramente la nostra vita alla luce del Vangelo.

- San Giovanni Paolo II, papa - 


Buona giornata a tutti. :-)

sabato 10 febbraio 2024

Ruolo profetico del contemplativo – Padre Thomas Merton

Fa parte della missione del contemplativo mantenere vivo nel mondo il senso del peccato. In questo, egli è il discendente dei profeti dell'Antico Testamento, perché questa era anche la loro missione.

Il contemplativo è uno che, come il servo di Jhwh, «conosce il patire», non solo per il suo peccato, ma per il peccato di tutto il mondo, che prende su di sé perché è un uomo tra gli uomini e non si può dissociare dalle opere degli altri uomini. La vita contemplativa del nostro tempo è quindi necessariamente modificata dai peccati della nostra epoca. Essi fanno scendere su di noi una nube di oscurità di gran lunga più terribile dell'innocente notte dell'inconoscienza.

È la notte oscura dell'anima ad essere discesa su tutto il mondo. 
La contemplazione nell'epoca di Auschwitz e Dachau, Solovky e Karaganda è qualcosa di più buio della contemplazione all'epoca dei Padri della Chiesa.

E proprio per questa ragione, l'urgenza di cercare una traccia di luce spirituale può essere una tentazione sottile di peccato. È certamente peccato se significa un rifiuto deciso del fardello della nostra epoca, una fuga nell'irrealtà e nell'illusione spirituale, fino al punto da non condividere la miseria degli altri uomini. 

 - Padre Merton Thomas - 

da: L'Esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, pp. 198-199


Il contemplativo, tramite una semplice risoluzione di non uscire dalla presenza di Dio, vi si conserva incessantemente, qualunque cosa faccia e a qualunque impiego si dedichi durante il giorno, poiché egli ha contratto, con la grazia della sua attrazione e del suo esercizio continuo, un'abitudine così forte di produrre l'atto soave e amoroso della contemplazione, che egli lo produce quasi insensibilmente in mezzo alle occupazioni e alle faccende, ora più forte ora più debole, secondo il potere che ha di raccogliersi. 
- François Malaval   -  
Pratica facile per elevare l'anima alla contemplazione, Dial I 



La cecità nei confronti delle cose esteriori è un problema di interpretazione e valutazione. Il contemplativo non cessa di conoscere gli oggetti esterni. 
Ma cessa di essere guidato da essi. 
Cessa di dipendere da essi. 
Cessa di trattarli come definitivi. 
Li valuta in un modo diverso, ed essi non sono più oggetto di desiderio o di paura, ma rimangono neutri e come se fossero vuoti fin quando anch'essi non siano stati riempiti dalla luce di Dio. 

- Thomas Merton - 
da: L'Esperienza interiore. Note sulla contemplazione", San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 46



Buona giornata a tutti. :-)