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domenica 11 novembre 2018

L'11 novembre, l'estate di San Martino


È patrono delle Guardie Svizzere pontificie e di mendicanti, albergatori, cavalieri. 
È venerato dalla Chiesa Cattolica e anche da quelle ortodossa e copta. 
È uno dei fondatori del monachesimo in Occidente e uno dei primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa. Ma ciò che ha reso famoso San Martino di Tours, in Francia, è l'episodio del mantello. Deriva da questo l’espressione “estate di San Martino” perché secondo la tradizione, appunto, il Santo nel vedere un mendicante seminudo patire il freddo durante un acquazzone, gli donò metà del suo mantello; poco dopo incontrò un altro mendicante e gli regalò l'altra metà del mantello: subito dopo, il cielo si schiarì e la temperatura si fece più mite. 
L’Estate di san Martino indica un eventuale periodo autunnale in cui, dopo le prime gelate, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Nell'emisfero australe il fenomeno si osserva in tardo aprile - inizio maggio, mentre nell'emisfero boreale a inizio novembre.



El Greco, San Martino e il mendicanteSan Martino nacque a Sabaria Sicca,nella Pannonia, circa l’anno 316. Ancora bambino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre, già tribuno militare dell’esercito romano, aveva ricevuto un podere in quanto ormai veterano. 
A Pavia, decenne, fuggì di casa e andò in chiesa a farsi iscrivere fra i catecumeni. Nel 331, come figlio di veterano, fu arruolato nell’esercito di Costanzo e fu inviato in Gallia, ad Amiens. 
Qui, avendogli un poverello chiestogli l’elemosina nel nome di Cristo, non avendo altro da dargli, tagliatala con la spada, gli fece dono di metà della sua clamide. 
La notte seguente, gli apparve Cristo coperto con quella metà di mantello e che diceva agli Angeli che lo accompagnavano: “Ecco qui Martino catecumeno, che m'ha rivestito con questa veste”. Così nella Pasqua del 334 ricevette il Battesimo. 



A quarant’anni decide di abbandonare la milizia cesarea per arruolarsi in quella ecclesiastica: nel 356 riceve l’esorcistato per le mani di sant’Ilario, Vescovo di Poitiers, il quale pure lo ordinerà sacerdote nel 360. Anche Martino come Ilario si impegnò nella lotta contro l’eresia ariana, subendo la persecuzione: non andò in esilio come il santo Vescovo, ma fu frustato dagli eretici in Pannonia, cacciato da Milano per ordine dell’empio Aussenzio, perseguitato nell’Illirico. Dopo l’ordinazione sacerdotale decise di fondare un monastero a Ligugé. 
Nel 371 fu eletto Vescovo di Tours, ma non abbandonò affatto l’austerità della vita monastica, che anzi propagò con la fondazione di nuovi cenobi. Nell’episcopato si dimostrò di somma carità e bontà con tutti, ma anche e soprattutto di ardente zelo per la Religione: avviò un'energica lotta contro l'eresia ariana e il paganesimo rurale, predicò ovunque, battezzò villaggi, abbatté templi, alberi sacri e idoli pagani. 
Spirò a Candes l’8 novembre 397. 
Le ultime parole le rivolse al demonio: “Che fai qui, bestia crudele? Tu in me non troverai nulla per te!”. I suoi funerali furono celebrati l’11 novembre e videro un gran concorso di clero e di popolo.


Contro la sua volontà gli elettori riuniti a Tours, clero e fedeli, lo eleggono Vescovo nel 371. Martino assolve le funzioni episcopali con autorità e prestigio, senza però abbandonare le scelte monacali. Va a vivere in un eremo solitario, a tre chilometri dalla città. In questo ritiro, dove è ben presto raggiunto da numerosi seguaci, crea un monastero, Marmoutier, di cui è Abate e in cui impone a se stesso e ai fratelli una regola di povertà, di mortificazione e di preghiera. Qui fiorisce la sua eccezionale vita spirituale, nell’umile capanna in mezzo al bosco, che funge da cella e dove, respingendo le apparizioni diaboliche, conversa familiarmente con i santi e con gli angeli. Se da un lato rifiuta il lusso e l’apparato di un dignitario della Chiesa, dall’altra Martino non trascura le funzioni episcopali. 
A Tours, dove si reca per celebrare l’officio divino nella cattedrale, respinge le visite di carattere mondano. 
Intanto si occupa dei prigionieri, dei condannati a morte; dei malati e dei morti, che guarisce e resuscita. Al suo intervento anche i fenomeni naturali gli obbediscono. Per san Martino, amico stretto dei poveri, la povertà non è un’ideologia, ma una realtà da vivere nel soccorso e nel voto. Marmoutier, al termine del suo episcopato, conta 80 monaci, quasi tutti provenienti dall’aristocrazia senatoria, che si erano piegati all’umiltà e alla mortificazione. San Martino morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace fra il clero locale. Ai suoi funerali, che si celebrarono l’11 novembre, assistettero migliaia di monaci e monache. I nobili san Paolino (355-431) e Sulpicio Severo, suoi discepoli, vendettero i loro beni per i poveri: il primo si ritirò a Nola, dove divenne Vescovo, il secondo si consacrò alla preghiera.

Simone Martini, San Martino in meditazione

Martino è uno fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa e divenne il santo francese per eccellenza, modello per i cristiani amanti della perfezione. Il suo culto si estese in tutta Europa e l’11 novembre (sua festa liturgica) ricorda il giorno della sua sepoltura. L’«apostolo delle Gallie», patrono dei sovrani di Francia, fu enormemente venerato dal popolo: in lui si associavano la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività missionaria. 
Quasi 500 paesi (Saint-Martin, Martigny…) e quasi 4000 parrocchie in territorio francese portano il suo nome. I re merovingi e poi carolingi custodivano nel loro oratorio privato il mantello di san Martino, chiamato cappella. Tale reliquia accompagnava i combattenti in guerra e in tempo di pace, sulla «cappa» di san Martino, si prestavano i giuramenti più solenni. Il termine cappella, usato dapprima per designare l’oratorio reale, sarà poi applicato a tutti gli oratori del mondo.



O Dio, tu vedi come non possiamo sussistere per nostra forza; concedici propizio, per l'intercessione del beato Martino, confessore e vescovo, di essere difesi contro ogni avversità. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.



Buona giornata a tutti. :-)





sabato 11 novembre 2017

San Martino 11 novembre 2017

Eravamo in cammino con lui, mentre visitava le parrocchie. 
Per la strada sopraggiungeva una carrozza del fisco carica di soldati. Ma appena le mule videro Martino ricoperto di un’ispida veste e di un mantello nero, spaventate si spostarono un po’ dall’altra parte. 
Quindi ingarbugliarono le funi in cui stavano imbrigliate. Adirati per questo torto, i soldati saltarono a terra e cominciarono a picchiare Martino con flagelli e bastoni, mentre quello, senza far parola e con incredibile sopportazione, presentava il dorso a quelli che lo battevano e faceva così montare il furore in quei miserabili, che ancor più si adiravano per il fatto che lui, quasi non le sentisse, disprezzava le percosse ricevute. 
Dopo aver così sfogato la loro rabbia, comandarono alle mule di riprendere il viaggio. Tutte queste però si bloccarono e rimasero inchiodate a terra come statue di bronzo e, per quanto i guidatori alzassero la voce, per quanto risuonassero le sferze, non si muovevano per nulla. 
Quei miseri uomini non sapevano più che cosa fare, e non potevano più fare a meno di riconoscere che erano trattenuti da una potenza divina, per quanto lo riconoscessero nelle loro coscienze abbrutite. 
Cominciarono a chiedersi chi fosse quel tale che poco prima avevano malmenato in quel luogo quando, indagando un po’, vengono a sapere dai viandanti di aver percosso tanto crudelmente proprio Martino. E allora divenne per tutti lampante la situazione e non potevano più ignorare di essere bloccati per l’ingiuria arrecata a quell’uomo. 
Pertanto ci vengono dietro di corsa, consci dell’errore e della colpa, piangendo con il capo e il volto cosparsi di polvere, si gettano ai piedi di Martino, invocando il suo perdono e supplicandolo che li lasciasse ripartire. 
Il santo concesse loro con clemenza il perdono e permise agli stessi di partire, dopo che gli animali tornarono a muoversi. 

(Sulpicio Severo, Vita di san Martino)


Dalla cappa di San Martino ai cappellani, il passo è breve.   
Che fine ha fatto la cappa di San Martino?

Mantello, in latino, si dice cappa. Ma trattandosi del mantello corto dei militari si parlava, al diminutivo, di cappella (cappa corta).
Questa cappella venne conservata come insigne reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi.
I Franchi la portavano come stendardo in guerra, davanti alle truppe, fidando nella protezione del santo patrono.
Da Carlomagno la cappa di san Martino venne inviata all'oratorio palatino di Aquisgrana, che da allora si chiamerà, in francese Aix-la-chapelle (Aachen, in tedesco). Infatti, il termine latino, dal significare la reliquia del mantello di san Martino, passò per estensione ad indicare l'oratorio che la conteneva; le persone incaricate di conservare tale insigne reliquia vennero chiamate: "cappellani"!
E fu così la chiesetta del palazzo reale di Carlomagno divenne una "cappella" in senso moderno.

Il nome, in seguito, identificherà per ulteriore estensione tutte le chiesette e saranno chiamati cappellani tutti i sacerdoti ad esse preposti, anche se non avevano più nulla a che fare con il prodigioso indumento del santo vescovo di Tours.
Dalla cappa di Martino prende nome, perfino, la dinastia reale francese dei "Capetingi".
Una vera e propria devota fissazione!
Pezzetti del mantello di san Martino erano nel medioevo reliquie ambitissime (e parecchio diffuse), vere e proprie narrazioni reificate dell'esempio di carità del primo santo non martire dell'Occidente cristiano.




Una lettura teologica e sociale del gesto di amore disinteressato di san Martino, l'ha data papa Benedetto XVI nel messaggio dell'Angelus dell'11 novembre 2007, dove, tra l'altro, diceva:

“Cari fratelli e sorelle, il gesto caritatevole di san Martino si iscrive nella stessa logica che spinse Gesù a moltiplicare i pani per le folle affamate, ma soprattutto a lasciare se stesso in cibo all’umanità nell’Eucaristia, Segno supremo dell’amore di Dio, Sacramentum caritatis. E’ la logica della condivisione, con cui si esprime in modo autentico l’amore per il prossimo. Ci aiuti san Martino a comprendere che soltanto attraverso un comune impegno di condivisione, è possibile rispondere alla grande sfida del nostro tempo: quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico.”
Testo preso da: Cantuale Antonianum


Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 12 novembre 2012

San Martino, soldato di Cristo e difensore del popolo – biografia


Nato a Sabaria Sicca, nell’attuale Ungheria, nel 316-317, conobbe il cristianesimo in giovane età frequentando le riunioni delle comunità di Pavia, contro la volontà dei genitori pagani. All’età di 15 anni, essendo figlio di un ufficiale romano, fu costretto ad arruolarsi nell’esercito e venne quindi inviato a prestar servizio in Gallia. Il giovane Martino era noto tra i soldati per la sua generosità e bontà d’animo, si racconta che alla vista di un povero il suo animo si infuocasse e il suo cuore ardeva di un’indomabile carità tanto da dimenticare il suo ruolo e i suoi compiti.
Il  gesto, che tutti conosco, del tagliare il proprio mantello per darne la metà a un povero, per il quale il santo è conosciuto in tutto il mondo, in realtà fu solamente il primo di una serie e nemmeno il più eclatante. La sua importanza è data dal fatto che segnò il momento decisivo della sua conversione; dopo quel giorno, infatti, Martino, già catecumeno, decise di farsi battezzare (339).
La carità che mostrava verso i più deboli e gli emarginati della società, che Martino difendeva energicamente contro i soprusi e le ingiustizie arrecate dal fisco romano, spiega l’ampia diffusione del suo culto dopo la morte, ma anche la grande popolarità di cui godeva già in vita, tanto che nel 371 fu nominato vescovo di Tours a furor di popolo.

Nemmeno da Vescovo tale ardore si quietò, come narra la Legenda Aurea. Diciassette anni dopo aver ricevuto il battesimo decise di lasciare l’esercito per divenire, come lui stesso disse, “soldato di Cristo” e qui avvenne il primo miracolo attribuito al Santo. Nel 354 Martino si trovava con l’esercito romano sulle rive del Reno per affrontare gli Alamanni; la sera precedente lo scontro Martino rifiutò il compenso anticipato per la battaglia dichiarando di voler lasciare l’esercito, fu allora accusato di tradimento e codardia, messo in prigione e minacciato d’esser giustiziato, ma il santo rispose che il giorno seguente si sarebbe presentato in campo di battaglia armato del solo “segno della croce”.

Il giorno seguente, all’alba, fu mandato in catene da solo davanti alle truppe romane e proprio in quel momento sopraggiunse un emissario nemico con una richiesta di pace, tutti gridarono al miracolo e Martino fu lasciato libero di andarsene. Da quel giorno in poi la volontà di Dio cominciò a prender forma. Lasciato l’esercito si recò da sant’Ilario, Vescovo di Poitiers, che conobbe precedentemente, dal quale ricevette un’adeguata istruzione e la nomina di esorcista; strenuo oppositore dell’arianesimo fu per questo motivo fustigato e cacciato dalla Francia, prima, e da Milano, poi, dunque, si ritirò sull’isola di Gallinara dove visse alcuni anni da eremita, dove ebbe modo di immergersi anima e corpo nella preghiera e nella meditazione; nel 360, rientrato a Poiters, fu consacrato sacerdote.

Quello che più colpiva di lui era l’audacia e il coraggio dimostrato nella predicazione, non avendo paura nemmeno di ammonire imperatori e regnanti; quando, dinnanzi a folle di pagani, faceva abbattere un albero sacro, per dimostrare la potenza di Dio, si metteva nella traiettoria di caduta dell’albero che all’improvviso cambiava direzione tra gli sguardi stupefatti dei presenti. La fama che andava seminando al suo passaggio lo resero ben presto noto in tutto l’impero.
 
La vita di San Martino, narrata nell’opera Vita sancti Martini di Venanzio Fortunato, fu caratterizzata da uno zelo pressoché unico per l’evangelizzazione, la difesa delle classi più abbienti e da un’impressionante numero di miracoli.

Nel corso di quello che erroneamente venne chiamato Concilio di Màcon, nel 585, che in realtà fu un sinodo di prelati francesi, venne stabilito giorno di festa non lavorativo l’11 novembre, data che fa riferimento alla sepoltura del santo vescovo. Oggi la festa di San Martino, grazie proprio a questa sua straordinaria fama tra il popolo, è diffusa in tutto l’Occidente.

San Martino, vescovo di Tours, protettore dei mendicanti, è il santo più popolare che la Francia abbia mai avuto nella storia, uno tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa Cattolica, venerato anche dalla Chiesa Ortodossa e da quella Copta, considerato padre del monachesimo e l’evangelizzatore delle Gallie per eccellenza.

Nel corso del suo ministero operò talmente tanti miracoli da non poter essere elencati, mise in fuga per ben due volte il demonio, resuscitò due morti, smascherò falsi profeti, operò numerosissime guarigioni, anche a distanza, tra cui San Paolino di Nola, convertì folle sterminate di pagani, compresa la madre, e battezzò interi villaggi; fu il primo vescovo ad uscire dalle mura cittadine, inaugurando l’evangelizzazione nelle campagne, fondò numerosissime Chiese e monasteri, tra cui quello di Ligugé, considerato il più antico monastero d’Europa, e moltissime parrocchie rurali, che tornerà a visitare abitualmente, inaugurando le visite episcopali.

Un anno dopo la sua elezione a vescovo, dopo aver constatato che molte delle eresie correnti erano dovute alla diffusa ignoranza in materia dottrinale tra i cosiddetti “preti di campagna”, fondò l’abazia Majus Monasterium, oggi conosciuta come abazia di Marmoutier, che altro non era che una sorta di “scuola di formazione” dottrinale e spirituale per i chierici della Gallia. Attualmente sono migliaia le Chiese dedicate a lui in tutto il mondo, centinaia di paesi e villaggi portano il suo nome e il suo culto è diffuso in tutto il mondo Occidentale.

Dopo la sua morte a Tours venne eretta la più grande ed imponente basilica che la Francia avesse mai avuto all’epoca, che divenne da subito meta di pellegrinaggi (saccheggiata e data alle fiamme dai protestanti nel 1562 e demolita nel corso della Rivoluzione francese, venne ricostruita e consacrata nel 1925).

Nelle Fiandre, in Germania e in Austria, ma anche in regioni italiane come l’Alto Adige, l’ 11 novembre  viene organizzata una lunga processione composta da bambini che, ognuno con una lanterna in mano, in ricordo della fiaccolata in barca che accompagnò la traslazione del corpo, procedono cantando canzoni sul santo.

Nei paesi del Nord Europa è tradizione mangiare un’oca arrostita, in ricordo del divertente aneddoto sull’elezione episcopale di Martino; si racconta che il santo, essendo un uomo di grande umiltà, era restio a diventare vescovo e, venuto a sapere della sua nomina, per non farsi trovare si nascose in una stalla piena d’oche presso un convento, ma il rumore provocato da quest’ultime rivelarono il nascondiglio alla gente che lo stava cercando.

l’ 11 di novembre a San Martino in Rio, a Reggio-Emilia, un corteo storico sfila per le vie della città mettendo in scena le gesta più famose del Santo; mentre a Scanno, in Abruzzo, vengono accese, in ogni contrada, le cosiddette “glorie di San Martino”, grandi cataste di legna preparate nel pomeriggio dello stesso giorno, attorno alle quali i ragazzi, con il viso cosparso di fuliggine, ballano e cantano agitando campanacci e altri oggetti rumorosi.

A Venezia, dove è conservata una tibia del santo, gruppi di bambini si aggirano per le calli e i campi della città chiedendo la questua ad ogni negozio, bar, ristorante del centro storico cantando canzoni e filastrocche in dialetto veneziano dedicate al santo, accompagnandosi con vecchie pentole, mestoli e padelle. In origine con i soldi guadagnati si andava a comperare il tradizionale San Martino, un dolce di pastafrolla cosparso di glassa colorata, praline e cioccolatini, raffigurante il Santo in sella al suo cavallo con la spada sguainata.

È interessante notare come in ogni paese venga ricordato il Santo e, soprattutto, come il suo culto abbia forgiato un vero e proprio sapere radicatosi nella cultura popolare, che ha dato origine a tradizioni, massime e proverbi in uso ancora oggi; l’affermazione “far San Martin”, ad esempio, deriva dal fatto che tradizionalmente, nelle campagne venete, novembre era il mese in cui finiva l’anno lavorativo dei contadini e si rinnovavano i contratti se il padrone lo richiedeva, altrimenti si doveva cercare impiego presso altri proprietari, da qui il significato del detto “far San Martin”, ossia, traslocare; nei primi giorni di novembre.

Inoltre, è tradizione aprire le botti e assaggiare il vino novello, accompagnandolo con i frutti di stagione, in particolare le castagne, raccolte per l’occasione, da ciò deriva il detto“a San Martino ogni mosto diventa vino!”. “Estate di san Martino”, invece, è un’espressione usata per indicare le belle giornate nel mese di novembre, in quanto si racconta che il giovane Martino mentre si avviava sulla strada di ritorno in groppa al suo cavallo, dopo aver consegnato la metà del suo mantello al mendicante, il clima cambiò improvvisamente, smise di piovere e le nuvole si diradarono lasciando apparire un sole splendente che riscaldò l’intera giornata, tanto che il santo dovette togliersi il resto del mantello che portava addosso tanto fece caldo.
 
Questi sono solo alcuni semplici esempi di cosa significa quando si afferma che l’Europa fonda le proprie “radici” nel cristianesimo.

 
Dalla cappa di San Martino ai cappellani, il passo è breve.  
Che fine ha fatto la cappa di San Martino?

Mantello, in latino, si dice cappa. Ma trattandosi del mantello corto dei militari si parlava, al diminutivo, di cappella (cappa corta).

Questa cappella venne conservata come insigne reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi.
I Franchi la portavano come stendardo in guerra, davanti alle truppe, fidando nella protezione del santo patrono.
Da Carlomagno la cappa di san Martino venne inviata all'oratorio palatino di Aquisgrana, che da allora si chiamerà, in francese Aix-la-chapelle (Aachen, in tedesco). Infatti, il termine latino, dal significare la reliquia del mantello di san Martino, passò per estensione ad indicare l'oratorio che la conteneva; le persone incaricate di conservare tale insigne reliquia vennero chiamate: "cappellani"!

E fu così la chiesetta del palazzo reale di Carlomagno divenne una "cappella" in senso moderno.

Il nome, in seguito, identificherà per ulteriore estensione tutte le chiesette e saranno chiamati cappellani tutti i sacerdoti ad esse preposti, anche se non avevano più nulla a che fare con il prodigioso indumento del santo vescovo di Tours.
Dalla cappa di Martino prende nome, perfino, la dinastia reale francese dei "Capetingi".

Una vera e propria devota fissazione!
Pezzetti del mantello di san Martino erano nel medioevo reliquie ambitissime (e parecchio diffuse), vere e proprie narrazioni reificate dell'esempio di carità del primo santo non martire dell'Occidente cristiano.

Una lettura teologica e sociale del gesto di amore disinteressato di san Martino, l'ha data papa Benedetto XVI nel messaggio dell'Angelus dell'11 novembre 2007, dove, tra l'altro, diceva:

“Cari fratelli e sorelle, il gesto caritatevole di san Martino si iscrive nella stessa logica che spinse Gesù a moltiplicare i pani per le folle affamate, ma soprattutto a lasciare se stesso in cibo all’umanità nell’Eucaristia, Segno supremo dell’amore di Dio, Sacramentum caritatis. E’ la logica della condivisione, con cui si esprime in modo autentico l’amore per il prossimo. Ci aiuti san Martino a comprendere che soltanto attraverso un comune impegno di condivisione, è possibile rispondere alla grande sfida del nostro tempo: quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico.”
Testo preso da: Cantuale Antonianum



San Martino - Giosuè Carducci

La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir dè tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira sù ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

(Giosuè Carducci)