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sabato 18 novembre 2017

Scendere per poter comunicare - Jean Vanier

Mi ricordo che un giorno a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. 
Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata. 
Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada. 
E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi. 
Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.
Se ci si avvicina troppo al povero si perde la propria libertà personale. 
A un certo punto si arriva ad una svolta senza ritorno che cambia la nostra vita. 
Mi sono reso conto che facevo esattamente come il prete e come il levita della storia del buon samaritano che hanno continuato la loro strada fino a Gerico. Abbiamo fatto tutti questa esperienza.
La via discendente ci porta al povero che grida ed è una strada molto pericolosa. 
Non parlo soltanto delle persone che hanno un handicap ma anche di quel tale o tal altro assistente del mio focolare che piange e si arrabbia e porta dentro di sé la fragilità umana. 
Avvicinarsi a lui può esser molto pericoloso ed è preferibile allontanarsi. 
A volte è molto più facile dare dei soldi ad un povero piuttosto che avvicinarsi a lui.
Ma non è questa la nuova visione che Gesù porta nel mondo. 
Gesù non ci insegna a fuggire ma a scendere fino in basso per scoprire i semi della risurrezione. 
E’ talmente sconvolgente: dobbiamo scendere per essere guariti e per rinascere ed è il povero che ci insegna la comunione.
La comunione è molto diversa dalla generosità. 
Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando. 
La generosità implica solo il dono senza esigenze diverse dal tempo, dal denaro o dalle competenze, spesso dati per raccogliere gloria.
Ma entrare in comunione significa diventare vulnerabili, significa far cadere le barriere e le maschere, compresa quella della generosità e significa mostrarsi così come si è.
Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno del fratello, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere. 
Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta.
E’ più facile dare che fermarsi, soprattutto quando si è angosciati. 
Certo il povero ha bisogno di soldi ma ha soprattutto bisogno, come il bambino, di incontrare un amico felice di essere con lui.

Jean Vanier -
tratto da: "Lettera della tenerezza di Dio", EDB,  pp. 23-24 



Scopro ogni giorno di più che noi esseri umani portiamo molte ferite in noi, molte paure e sensi di colpa molto profondi. 
Sono stupito dalle tante persone che, incontrate ai ritiri spirituali che faccio, sono convinte di non poter essere amati da Gesù. 
Allora come liberare queste persone da questo senso di colpa che le paralizza? 
Come aiutare le persone a rischiare d'amare? 
Ho avuto molta fortuna perché ero in una società competitiva, ho sentito la chiamata di Gesù e sono stato profondamente aiutato da un padre spirituale che mi ha amato e mi ha introdotto nel mondo dei valori del Vangelo. 
Ho l'impressione che noi abbiamo bisogno di trovare dei padri spirituali, abbiamo bisogno di queste comunità che ci permetterebbero di cambiare il nostro sistema di valori per riscoprire i valori del Vangelo.
Perché è vero ciò che dici: spesso la gente della nostra società è triste. 
Ho scoperto che le persone normali sono molto handicappate. 
Voglio raccontarvi la storia di un uomo normale e voi scoprirete che non credo alla normalità e alla anormalità. 
Le persone normali sono piene di problemi: familiari, lavorativi, economici, con la chiesa.
Una volta, un uomo molto normale mi è venuto a trovare ed era pieno di tristezza. Ad un certo punto bussano alla porta e senza che io abbia il tempo di dire "Avanti", entra Jean Claude. 

Jean Claude è un ragazzo che la gente chiama down, noi lo chiamiamo semplicemente Jean Claude. 
A Jean Claude piace molto ridere: ti prende la mano, ti dice "Buongiorno" e ride. Così prende la mano del signor normale e ride; poi se ne va, sbattendo la porta. Il signor normale si gira verso di me e dice: "Com'è triste che ci siano dei bambini così!". 
Credo che il solo problema era che il signor normale era cieco. 
Era incapace di vedere che Jean Claude era felice. 
Guardava la realtà attraverso le sue teorie e la sua ideologia. Jean Claude era molto più felice di lui.
Noi abbiamo delle ideologie, noi condanniamo le persone prima ancora di averle ascoltate, abbiamo fabbricato dei pregiudizi, diventiamo sempre più incapaci di guardare la realtà così com'è', guardiamo la realtà attraverso le nostre teorie e così abbiamo perso lo sguardo del bambino che è capace di meravigliarsi. 
Così quest'incontro con Gesù ci aiuta a ritrovare lo sguardo del bambino, ma a volte abbiamo paura di Gesù, abbiamo paura che Lui ci domandi di lasciare delle cose che noi vorremmo conservare. 
Bisogna ritrovare il senso profondo del Vangelo, di Gesù che ci chiama all' amore e che ci dà l'amore, e l'amore è un rischio. Siamo pronti a rischiare?

Jean Vanier -



Buona giornata a tutti. :-)








sabato 11 luglio 2015

da: "L’embrione, un uomo: etica e genetica" - Jerome Lejeune

Voi sapete che vi sono in Australia dei bipedi, grandi più o meno come noi, dal pelo rossastro che, abitualmente, abortiscono i loro piccoli al secondo mese. Si tratta dei canguri.
Abortito spontaneamente al secondo mese, il piccolo canguro assomiglia ad una piccola salsiccia che misuri circa 2,5 cm di lunghezza. 
Gli arti sono ridotti ad un piccolo unghione sulla zampa anteriore, uno su quella posteriore, ed esso conosce solo la sensazione della pesantezza.
Espulso dalla vagina con l’aborto spontaneo, esso s’aggrappa alla pelliccia della madre e, sapendo lottare contro la pesantezza, sale in verticale automaticamente fino al marsupio e vi cade dentro, e vi resterà per sette mesi finendo il suo sviluppo, che assomiglia abbastanza, nella durata, allo sviluppo d’un piccolo essere umano.
Ciò che è straordinario, per il biologo, è il fatto che nel piccolo cervello d’una madre canguro la natura abbia, anche se non so come, iscritto una sorta di concetto di ‘cangurosità’ del piccolo canguro. 
Poiché questa piccola salsiccia è il solo animale ch’essa lasci entrare nel suo marsupio. 
Se un topo volesse installarvisi, essa lo eliminerebbe rapidamente.
Allora io mi dicevo che se la natura, in un cervello tanto piccolo quanto quello della madre canguro, ha inscritto la nozione che si tratta d’un membro della sua specie, che è suo figlio, mi sembra completamente impossibile che nel litro e mezzo che noi abbiamo nella nostra scatola cranica la natura non abbia posto un’intelligenza sufficiente per rendersi conto che i piccoli uomini non sono altro che uomini piccoli.
E tuttavia noi tutti qui apparteniamo ad una nazione che fu da lungo tempo civilizzata, e che ha abrogato con un voto ciò che tutti i medici avevano costantemente giurato, vale a dire: 
“Io non darò a nessuno, neppure se pregato, del veleno; parimenti non fornirò mezzi abortivi ad una donna”. 
(...)

- Jerome Lejeune -



“La compassione per i genitori è un sentimento che ogni medico dovrebbe avere. 
L'uomo che riesce ad annunciare a dei genitori che il loro bambino è gravemente malato senza sentire il cuore schiantarsi al pensiero del dolore che li assalirà, non è degno del suo mestiere. 
Non è commettendo un crimine che si protegge qualcuno da una disgrazia. 
E uccidere un bambino è semplicemente omicidio. 
Non si dà sollievo al dolore di un essere umano uccidendone un altro. 
Quando la medicina perde tale consapevolezza, non è più medicina.” 

- Jerome Lejeune - 




“Informazione è sostanzialmente qualcosa di immateriale, è pensiero, è parola. 
Al momento del concepimento, il pensiero, la parola, diviene carne, individuo vivente appartenente alla specie umana. Et verbum caro factum est.” 

- Jerôme Lejeune - 





"Non scoraggiate mai qualcuno che si sta impegnando per fare dei progressi. Non importa quanto lentamente migliora." 

- Platone - 


Buona giornata a tutti. :-)