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sabato 11 agosto 2018

La porta del morto - Essere dimora e Sede del Creatore - santa Chiara 11 agosto

Quasi tutte le case d'Assisi avevano due porte, che davano sulla strada in 
pen­dio. 
Una più grande e larga, con lo sca­lino basso; l'altra più piccola e stretta, con lo scalino altissimo. 
Le due porte, vicinissime tra loro, non stavano in simmetria sulla facciata, perché diverse di forma e di livello. 
Per uscire dalla porta maggiore, bastava fare un passo. Per uscire dalla porta minore, occorreva fare un salto. Mentre però la porta grande restava quasi sempre aperta a chi entrava e a chi usciva, la porta stretta restava sempre chiusa e nessuno vi passava. 
Era la cosiddetta «porta del morto, che si apriva soltanto per far passare la bara di chi usciva, piedi in avanti, dalla casa, per non farvi più ritorno. Un'usanza, leggermente superstiziosa; voleva che il morto non passasse dalla porta dei vivi, e, viceversa, impediva ai vivi di passare dalla porta del morto. Perciò si aveva ben cura di tenere la porta del morto sprangata fino a che non si desse la dolo­rosa necessità d'usarla. Neppur per errore un vivo doveva passar dalla porta del morto, per timore del malaugurio. Non solo dunque la porticina veniva solida­mente sprangata, ma tra un funerale e l'altro vi si accumulava contro ogni sorta di materiale. 
La casa dormiva, la sera della Domenica delle Palme, quando Chiara scese dalla sua camera e s'avviò, a tentoni, verso la porta del morto. Voleva uscire segretamente ed era certa di non incontrare nessuno sulla soglia di quella porta. 
Trovò l'apertura ingombra di molti attrezzi, che rimosse con le sue mani delicate. Quando fi­nalmente giunse ai chiavacci e alle sprangature si senti stanca. Con sforzo tentò di far scorrere i paletti della porta, ma i chiavacci le resistettero. 
Dalla morte del padre, la porta non era stata riaperta e i ferri arrugginiti non scorrevano più negli anelli. Chiara allora s'inginocchiò. 
Appoggiò la fronte al ferro della porta e rivolse a Dio una preghiera. Poi si rialzò sicura di sé. Sotto la sua mano i chiavacci scorsero senza un cigolio, come se fos­sero stati unti di fresco. 
La porta s'aprì senza stridere e apparve la strada, in basso, illuminata dalla luna. Pacifica di Guelfuccio, la fida com­pagna, l'attendeva in un angolo d'ombra. Chiara rimase un attimo dritta sull'alta soglia. Poi, senza neppure volgersi indietro, spiccò un salto leggero. 
Aveva oltrepassato la soglia del morto. 
Si era divisa irreparabilmente dalla famiglia. 
Non avreb­be fatto più ritorno alla sua casa. 
Chiara era per­duta. Chiara era morta. Chiara andava verso una altra vita.



BENEDIZIONE
Prima di morire, come già aveva fatto Francesco, Chiara benedice le sue Sorelle presenti e future indicando loro il cuore della vocazione cristiana e clariana, l’amore:
“…Siate sempre amanti di Dio, delle vostre anime e di tutte le vostre Sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al Signore. Il Signore sia con voi sempre, e ora voi siate sempre con Lui. Amen” (FF2857)
Chiara ha compreso che l’amore riversato da Dio nel nostro cuore ci rende sempre più capaci di amare noi stessi, perché ci insegna a guardarci con i Suoi stessi occhi di misericordia e, allo stesso tempo, ci apre alla comunione con gli altri attraverso l’accoglienza e il perdono.




Essere dimora e sede del Creatore 

L’abbassarsi di Dio – osserva Chiara – non si è concluso con l’incarnazione, ma si compie ancora oggi nella vita dei credenti. 
Infatti l’Altissimo Signore del cielo e della terra, che la Vergine Maria portò nel suo grembo, prende ora dimora nel cuore di chi lo accoglie:

“Ecco, è ormai chiaro che, per la grazia di Dio, l’anima dell’uomo fedele è più grande del cielo, perché i cieli non possono contenere il Creatore, mentre la sola anima fedele è sua dimora e sede (…) come afferma la Verità stessa: Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui (Gv.14,21.23).
Come dunque la gloriosa Vergine delle vergini lo portò materialmente, così anche tu, seguendo le sue orme, specialmente quelle di umiltà e povertà, senza alcun dubbio lo puoi sempre portare spiritualmente nel tuo corpo…” 
(3^ lett. 21-26).




La benedizione di santa Chiara

Nel nome del Padre del Figlio
e dello Spirito Santo. 
Il Signore vi benedica
e vi custodisca. 
Vi mostri la sua faccia
e abbia misericordia di voi.
Volga verso di voi il suo volto
e vi dia pace.

Sorelle e figlie mie, e a tutte le altre che verranno e rimarranno nella vostra comunità, e alle altre ancora, tanto presenti che venture, che persevereranno fino alla fine negli altri monasteri delle povere dame.

Io Chiara, ancella di Cristo, pianticella del beatissimo padre nostro san Francesco, sorella e madre vostra e delle altre sorelle povere, benché indegna, prego il Signore nostro Gesù Cristo, per la sua misericordia e per l'intercessione della santissima sua genitrice, santa Maria, e del beato Michele arcangelo e di tutti i santi angeli di Dio, del beato Francesco padre nostro e di tutti i santi e le sante, che lo stesso Padre celeste vi dia e vi confermi questa santissima benedizione sua in cielo e in terra: in terra, moltiplicandovi nella grazia e nelle sue virtù fra i servi e le ancelle sue nella Chiesa sua militante; e in cielo, esaltandovi e glorificandovi nella Chiesa trionfante fra i santi e le sante sue.

Vi benedico nella mia vita e dopo la mia morte, come posso, con tutte le benedizioni, con le quali il Padre delle misericordie ha benedetto e benedirà i suoi figli e le sue figlie in cielo e sulla terra, e con le quali il padre e la madre spirituale ha benedetto e benedirà i figli suoi e le figlie spirituali.

Siate sempre amanti delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite nell'osservare quelle cose che avete promesso al Signore.

Il Signore sia sempre con voi e voglia il Cielo che voi siate sempre con lui.

Amen.



Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 23 novembre 2016

Vergine visse e vergine morì - Kahlil Gibran

I suoi contingenti erano ormai sopraffatti dal numero dei nemici ed il generale non ebbe altra scelta che ordinare: “Affinchè si risparmino vite e munizioni, dobbiamo ordinatamente ritirarci presso una città sconosciuta al nemico, ove poter mettere a punto una nuova strategia.
Marceremo attraverso il deserto poichè è meglio seguire questo tragitto che cadere nelle mani del nemico. Incontreremo monasteri e conventi che occuperemo al solo fine di procurarci cibo e provvigioni”.
Le truppe non ebbero niente da obiettare dal momento che non vedevano alternativa ad una situazione così critica.
Marciarono per giorni nel deserto, patendo fatica, caldo, fame, sete. Un giorno videro una costruzione imponente che sembrava un’antica fortezza. Il portone pareva quello di una città fortificata. Alla vista di ciò i loro cuori si rinfrancarono. Pensavano fosse un convento dove poter riposare e trovare cibo.
Quando aprirono il portone, per un pò, nessuno venne loro incontro. 

Poi sulla porta apparve una donna vestita completamente di nero, il viso era la sola parte visibile del suo corpo.
Ella spiegò all’ ufficiale di comando che quello era un convento di suore e come tale andava rispettato, nessun danno doveva essere arrecato alle religiose. Il generale promise loro protezione totale e chiese cibo per le sue truppe. Gli uomini furono serviti nell’ampio giardino del convento.
Il comandante era un uomo sui quarant’anni, pavido e dagli istinti irrefrenabili. L’ansia l’aveva reso inquieto, desiderava una donna che gli desse conforto e decise di costringere una delle suore. Così l’infida lussuria lo portava a profanare quel sacro luogo dove le suore si erano raccolte in comunione di Dio per innalzare a Lui eterne preghiere lontano da questo mondo falso e corrotto.
Dopo aver rassicurato la Madre Superiora, il vile comandante si arrampicò su una scala fino a raggiungere la stanza occupata da una suora che aveva visto dalla finestra. Gli anni di incessante preghiera e di solitaria abnegazione non avevano cancellato tutti i segni di femminea bellezza dal suo volto innocente. Aveva lasciato il mondo dominato dal peccato per poter trovar rifugio quì, luogo dove poter adorare Iddio lontana dalle distrazioni terrene.
Entrando nella stanza il criminale sguainò la spada e minacciò di ucciderla se avesse gridato aiuto.
Lei sorrise e rimase in silenzio comportandosi come se volesse assecondare il desiderio di lui. Poi lo guardò e disse: “Siedi e riposa, hai l’aria molto stanca” . Le si sedette vicino, sicuro della sua preda. 

E lei continuò: “Ho ammirazione per voi uomini di guerra che non temete di gettarvi in seno alla morte” .
Al che quello stupido codardo rispose: “Sono le circostanze che ci obbligano ad andare alla guerra. Se la gente non mi bollasse come vile, fuggirei lontano prima di acconsentire a guidare un maledetto esercito”.
Lei gli sorrise e disse: “Ma non sai che in questo santo luogo abbiamo un unguento che spalmato sul corpo protegge dal colpo della spada più tagliente?”.
“Straordinario! Dov’è questo unguento? Sicuramente potrò utilizzarlo.”
“Ebbene, te ne darò un pò.”
Nato ad un tempo in cui ancora si credeva a certe superstizioni, il generale non dubitò della suora. Ella aprì un vaso e gli mostrò un bianco balsamo. Al vederlo lui fu improvvisamente assalito dal dubbio. 

Lei ne prese un po’ e se lo spalmò sul collo dicendo: “Se non mi credi, ti darò una prova. Prendi la spada e colpiscimi al collo con tutta la tua forza”.
Egli esitava, ma lei continuava a incitarlo perchè la colpisse forte, e alla fine colpì.
Stette quasi per perdere i sensi alla vista della testa che rotolava via dal corpo della suora che si accasciò immoto sul pavimento. Allora capì lo stratagemma di cui si era servita per salvarsi dalla profanazione.
La monaca era morta… ed il comandante vedeva solo due cose di fronte a sè: il cadavere di una vergine ed un vaso d’unguento. 

Cominciò a fissare lo sguardo sull’unguento e poi sul corpo decapitato, dal corpo all’unguento. Allora perse la ragione, spalancò la porta e corse fuori agitando davanti a se la spada insanguinata, gridando alle sue truppe: “Presto, presto, fuggiamo da questo posto!”.
Non smise di correre finchè non fu raggiunto da alcuni dei suoi uomini che lo trovarono in lacrime come un bambino istupidito.
Gridava: “L’ho uccisa! L’ho uccisa!”.

- Khalil Gibran -
Da: “Gibran, tutte le poesie e i racconti”, New Compton Editori





Diceva un foglio bianco come la neve: "Sono stato creato puro, e voglio rimanere così per sempre. Preferirei essere bruciato e finire in cenere che essere preda delle tenebre e venir toccato da ciò che è impuro". 
Una boccetta di inchiostro sentì ciò che il foglio diceva, e rise nel suo cuore scuro, ma non osò mai avvicinarsi. 
Sentirono le matite multicolori, ma anch'esse non gli si accostarono mai. 
E il foglio bianco come la neve rimase puro e casto per sempre - puro e casto - ma vuoto.

- Kahlil Gibran - 




Un giorno Bellezza e Bruttezza si incontrarono sulla riva del mare. E dissero l'una all'altra, "Facciamo il bagno nel mare". Si svestirono e nuotarono nell'acqua. E dopo un poco Bruttezza tornò indietro sulla riva e si vestì di bellezza e camminò per la sua strada. Anche bellezza venne fuori dal mare e non trovò le sue vesti e lei era troppo timida per rimanere nuda, perciò indossò le vesti di bruttezza. E bellezza andò per la sua strada. E ancora oggi uomini e donne scambiano l'una per l'altra. Eppure c'è qualcuno che ha visto il viso di Bellezza e la riconoscono nonostante i suoi abiti. E c'è qualcuno che riconosce il viso di Bruttezza e l'abito non la nasconde dai loro occhi.

- Kahlil Gibran - 
da "Il vagabondo"



Buona giornata a tutti. :-)