giovedì 15 giugno 2017

Giovanni Paolo II e il SS. Sacramento

Al di fuori della Celebrazione Eucaristica, la Chiesa si prende cura di venerare l’Eucaristia che deve essere “conservata... come il centro spirituale della comunità religiosa e parrocchiale” (Paolo VI, Mysterium fidei, 68). 
La contemplazione prolunga la comunione e permette di incontrare durevolmente Cristo, vero Dio e vero uomo, di lasciarsi guardare da lui e di fare esperienza della sua presenza. 
Quando Lo contempliamo presente nel Santissimo Sacramento dell’altare, Cristo si avvicina a noi e diventa intimo con noi più di quanto lo siamo noi stessi; ci rende partecipi della sua vita divina in un’unione che trasforma e, mediante lo Spirito, ci apre la porta che conduce al Padre, come egli stesso disse a Filippo: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14, 9).
La contemplazione, che è anche una comunione di desiderio, ci associa intimamente a Cristo e associa in modo particolare coloro che sono impossibilitati a riceverlo. 
Rimanendo in silenzio dinanzi al Santissimo Sacramento, è Cristo, totalmente e realmente presente, che noi scopriamo che noi adoriamo e con il quale stiamo in rapporto. Non è quindi attraverso i sensi che lo percepiamo e Gli siamo vicini. 
Sotto le specie del pane e del vino, è la fede e l’amore che ci portano a riconoscere il Signore, Lui ci comunica pienamente “i benefici di questa redenzione che ha compiuto, Lui, il Maestro, il Buon Pastore, il Mediatore più gradito al Padre” (Leone XIII, Mirae caritatis). 
Come ricorda il Libro della fede dei Vescovi del Belgio, la preghiera d’adorazione in presenza del Santissimo Sacramento unisce i fedeli “al mistero pasquale; essa li rende partecipi del sacrificio di Cristo di cui l’Eucaristia è il sacramento permanente"”. 

Lettera di Giovanni Paolo II a Monsignor Albert Houssiau  Vescovo di Liège per il 750° anniversario della Festa del “Corpus Domini”
Vaticano, 28 maggio 1996



Onorando il Santissimo Sacramento, noi compiamo anche una profonda azione di rendimento di grazie che eleviamo al Padre, poiché attraverso suo Figlio egli ha visitato e redento il suo popolo. 
Mediante il sacrificio della Croce, Gesù ha dato la vita al mondo e ha fatto di noi i suoi figli adottivi, a sua immagine, instaurando rapporti particolarmente intimi, che ci permettono di chiamare Dio col nome di Padre. Come ci ricorda la Scrittura, Gesù passava intere notti a pregare, in particolare nei momenti in cui aveva scelte importanti da fare. Nella preghiera, mediante un gesto di fiducia filiale, imitando il suo Maestro e Signore, il cristiano apre il proprio cuore e le proprie mani per ricevere il dono di Dio e per ringraziarLo dei suoi favori, offerti gratuitamente. 

Lettera di Giovanni Paolo II a Monsignor Albert Houssiau  Vescovo di Liège per il 750° anniversario della Festa del “Corpus Domini”

Vaticano, 28 maggio 1996



Raccomando ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, così come ai laici, di proseguire e d’intensificare i loro sforzi per insegnare alle giovani generazioni il senso e il valore dell’adorazione e della devozione eucaristiche. Come potranno i giovani conoscere il Signore se non vengono introdotti al mistero della sua presenza? Come il giovane Samuele, imparando le parole della preghiera del cuore, essi saranno più vicini al Signore che li accompagnerà nella loro crescita spirituale e umana e nella testimonianza missionaria che dovranno rendere per tutta la loro esistenza. Il mistero eucaristico è in effetti il “culmine di tutta l’evangelizzazione” (Lumen gentium
, 28), poiché è la testimonianza più eminente della Risurrezione di Cristo. Tutta la vita interiore ha bisogno di silenzio e d’intimità con Cristo per crescere. Questa familiarità progressiva con il Signore permetterà ad alcuni giovani d’impegnarsi nel servizio dell’accolitato e a partecipare più attivamente alla Messa; stare presso l’altare è per i giovani anche un’occasione privilegiata per ascoltare la chiamata di Cristo e seguirlo più radicalmente nel ministero sacerdotale. 

Lettera di Giovanni Paolo II a Monsignor Albert Houssiau  Vescovo di Liège per il 750° anniversario della Festa del “Corpus Domini”
Vaticano, 28 maggio 1996



"Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. 
Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (cfr Gv 3,16). Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. 
Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza. L’adorazione è preghiera che prolunga la celebrazione e la comunione eucaristica e in cui l’anima continua a nutrirsi: si nutre di amore, di verità, di pace; si nutre di speranza, perché Colui al quale ci prostriamo non ci giudica, non ci schiaccia, ma ci libera e ci trasforma." 

- Papa Benedetto XVI - 
dall'Omelia del 22 maggio 2008, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

Buona giornata a tutti. :-)